Campagna di Napoleone in Egitto e Siria

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Harrison W. Mark
da , tradotto da Giovanni De Simone
pubblicato il 27 aprile 2023
Disponibile in altre lingue: Inglese, Arabo, Francese, Persiano, Spagnolo, Turco
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Bonaparte Before the Sphinx (by Jean-Léon Gérôme, Public Domain)
Bonaparte davanti alla Sfinge
Jean-Léon Gérôme (Public Domain)

La spedizione francese in Egitto e Siria (1798-1801), guidata da Napoleone Bonaparte, aveva lo scopo di fondare una colonia per minacciare i possedimenti britannici in India. Nonostante le iniziali vittorie francesi, alla fine la campagna terminò con un fallimento, e l'Egitto rimase sotto il controllo ottomano. La spedizione portò anche alla scoperta della Stele di Rosetta e alla nascita dell'egittologia moderna.

Un nuovo Alessandro

Alla fine del 1797, la repubblica francese era la potenza dominante in Europa occidentale, avendo sconfitto tutti i suoi nemici nel corso della guerra della Prima Coalizione. Solo la Gran Bretagna continuava a combattere. Nonostante delle tiepide aperture per la pace nel 1797, i britannici mostrarono una rinnovata determinazione: il primo ministro William Pitt il Giovane stava tentando di finanziare una seconda coalizione antifrancese. Il Direttorio, che governava la repubblica, era altrettanto determinato a concludere la guerra, e mise insieme un esercito di 120.000 uomini per un'audace invasione della Gran Bretagna. Il comando dell'Armata d'Inghilterra fu affidato al generale Napoleone Bonaparte, che eseguì una rapida ispezione dei cantieri navali per valutare la fattibilità di una spedizione di tale portata. La sua amara conclusione fu che la superiorità navale britannica avrebbe condannato qualsiasi tentativo di invasione al fallimento. Bonaparte allora offrì una strada alternativa verso la vittoria, suggerendo che i francesi avrebbero potuto minacciare l'Impero britannico fondando una colonia in Egitto.

LA POSIZIONE DELL'EGITTO RENDEVA IL PAESE UNA BASE PERFETTA DA CUI I FRANCESI AVREBBERO POTUTO MINACCIARE GLI INTERESSI BRITANNICI.

I ministri francesi accarezzavano l'idea di una colonia in quell'area sin dagli anni Sessanta del Settecento, ma adesso il desiderio del Direttorio di sconfiggere i britannici rendeva l'iniziativa particolarmente accattivante. Il Direttorio voleva disperatamente recuperare la perdita delle colonie nelle Indie occidentali, e la chiacchierata ricchezza dell'Egitto era un ulteriore incentivo per le ambizioni coloniali francesi. La posizione dell'Egitto rendeva il paese una base perfetta da cui i francesi avrebbero potuto minacciare gli interessi britannici sia nel Mediterraneo che in Asia, e Bonaparte suggerì di contattare elementi antibritannici in India, come Tipu Sultan. Il Direttorio intravide dei vantaggi persino nel caso di una sconfitta, che li avrebbe liberati dalla presenza del problematico generale Bonaparte, la cui crescente popolarità lo rendeva una minaccia. Napoleone possedeva un'ambizione insaziabile, e aveva le sue motivazioni personali: voleva emulare il suo eroe Alessandro Magno e costruire un impero in Oriente. "L'Europa non è che un cumulo di terra" commentò una volta "tutte le grandi reputazioni sono state costruite in Asia" (Roberts, 159).

Napoleon in Egypt
Napoleone in Egitto
Jean-Léon Gérôme (Public Domain)

Non vedendo nessun aspetto negativo, il Direttorio approvò la spedizione, a condizione che Bonaparte trovasse da solo i fondi necessari e che tornasse in Francia entro sei mesi. Quasi immediatamente, Bonaparte si procurò gli 8 milioni di franchi che gli occorrevano, assicurandosi il "contributo" delle repubbliche sorelle di Olanda, Svizzera e Italia. Napoleone selezionò 21 delle migliori demi-brigade di Francia, ammassando circa 38.000 soldati. Il suo corpo di ufficiali comprendeva alcuni dei più talentuosi generali dell'esercito francese. Alexandre Berthier tornò in carica come suo indispensabile capo di stato maggiore, mentre i comandanti di divisione erano gli esperti generali Jean-Baptiste Kléber, Louis Desaix, Louis-Andre Bon, Jean Reynier e Jacques Menou. Bonaparte portò con sé persino il suo figliastro Eugenio di Beauharnais e suo fratello Luigi come aiutante di campo.

Con l'intento di dare alla spedizione anche uno scopo scientifico, Bonaparte si assicurò i servigi di 167 tra i migliori scienziati e accademici di Francia: guidati dal matematico Gaspard Monge, questi studiosi avrebbero condotto delle ricerche e sfoggiato i progressi scientifici dell'Europa. La presenza di questi studiosi avrebbe portato alla scoperta della Stele di Rosetta e alla nascita dell'egittologia moderna.

La presa di Malta

La spedizione francese si riunì a Tolone nel massimo riserbo e nessun soldato o studioso sapeva dove fossero diretti: il controllo che la Royal Navy esercitava nel Mediterraneo rendeva della massima importanza il fatto di dover agire con discrezione. Ai primi di maggio del 1798, una flotta francese al comando del viceammiraglio Brueys si riunì per trasportare la nuova Armée d'Orient in Egitto. La flotta consisteva di 13 navi di linea, 13 fregate e oltre 200 navi da trasporto. Una flotta di tali dimensioni non poteva non essere scoperta dagli agenti inglesi e, nel momento in cui prese il mare il 19 maggio, una squadriglia di navi da guerra britanniche al comando di Horatio Nelson iniziò ad aggirarsi nel Mediterraneo per scovarla. Tuttavia, la fortuna fu dalla parte della flotta francese: il 21 maggio un'intensa burrasca disalberò l'ammiraglia di Nelson e disperse la sua squadriglia verso la Sardegna. Dopo aver riparato le sue navi, Nelson arrivò a 20 miglia dalla flotta francese, che però non venne avvistata a causa di una fitta nebbia.

DOPO AVER PRESO IL CONTROLLO DI MALTA, BONAPARTE SACCHEGGIÒ IL TESORO DELL'ISOLA E PASSÒ SEI GIORNI A RIFORMARE L'AMMINISTRAZIONE MALTESE.

I francesi arrivarono a Malta senza incidenti il 10 giugno. Bonaparte, volendo rendere sicura l'isola prima di passare in Egitto, ordinò un'invasione con il pretesto che gli abitanti si erano dimostrati ostili impedendo l'attracco alla sua intera flotta. Anche se i Cavalieri ospitalieri di San Giovanni, l'ordine militare che controllava Malta, erano famosi per resistere agli assedi, l'isola si arrese a Bonaparte dopo una resistenza minima, dato che metà dei membri dell'ordine erano francesi e si rifiutarono di combattere i loro connazionali. Dopo aver preso il controllo di Malta, Napoleone saccheggiò il tesoro dell'isola e passò sei giorni a riformare l'amministrazione maltese: espulse i Cavalieri di San Giovanni, abolì la schiavitù e il feudalesimo, riformò l'ospedale e l'università e permise agli ebrei di costruire una sinagoga. Dopo di che, lasciò indietro una guarnigione e salpò per Alessandria il 19 giugno.

La campagna in Egitto

L'Impero ottomano regnava sull'Egitto fin dal 1517, sebbene nel corso dei secoli la presa del sultano sul paese era andata scemando. Nel 1798, l'Egitto di fatto si trovava sotto il dominio dei Mamelucchi, una casta militare originaria delle montagne del Caucaso, che aveva imposto pesanti tasse ed era generalmente invisa ai suoi sudditi egiziani. Bonaparte sperava di presentarsi come un liberatore, scrivendo opuscoli in cui si affermava che era stato inviato da Allah per scacciare la tirannia dei Mamelucchi. Per evitare ostilità con gli ottomani, Bonaparte si era assicurato che il ministro degli esteri francese, Charles-Maurice de Talleyrand, sarebbe andato a Costantinopoli per spiegare gli scopi della spedizione e promettere al sultano che l'Egitto avrebbe continuato a pagare il suo tributo annuale. Tuttavia, nonostante Talleyrand fosse stato il più grande sostenitore della spedizione in Egitto, non si recò mai a Costantinopoli (non sarà l'unica volta in cui tradirà Napoleone).

La flotta francese arrivò al largo di Alessandria il 1° luglio e sbarcò a Marabut, a 13 chilometri di distanza. I francesi iniziarono l'assalto alla città il mattino seguente: il generale Menou prese il "forte triangolare" fuori dalla città, mentre Kléber e Bon assediarono le porte di Pompeo e Rosetta. Spinti dalla sete, i soldati attaccarono con grande determinazione, e la città cadde in mano francese entro mezzogiorno.

Bonaparte rimase ad Alessandria per una settimana prima di partire per il Cairo il 7 luglio, lasciando la flotta ancorata nella baia di Abukir e una guarnigione di 2.000 uomini. La seguente marcia attraverso il deserto si svolse in condizioni brutali: la sofferenza dovuta al caldo soffocante e agli sciami di zanzare fu peggiorata falla mancanza di acqua; i pozzi lungo il cammino erano stati avvelenati o resi inservibili dai beduini. Molti soldati contrassero l'oftalmia, una malattia che causa cecità temporanea, e coloro che rimanevano indietro vennero eliminati dai Mamelucchi che li inseguivano. La disciplina ebbe un crollo: molti soldati si suicidavano sparandosi da soli e altri tramavano un ammutinamento.

Battle of the Pyramids, 1798 CE
Battaglia delle piramidi, 1798
Louis-François, Baron Lejeune (Public Domain)

Il morale migliorò il 10 luglio, quando l'esercito raggiunse il Nilo: i soldati deliranti si gettarono nelle acque fangose per bere e molti morirono per aver ingerito troppa acqua. Il 13 luglio, Bonaparte incontrò e sconfisse un esercito mamelucco guidato da Murad Bey, nel corso di una schermaglia presso Shubra Khit. Murad si ritirò solo per riunire nuove forze, ripresentandosi il 21 luglio fuori la città di Embabeh. I 20.000 francesi sembravano essere in disperata inferiorità numerica: Murad Bey aveva 6.000 uomini a cavallo e una milizia di 54.000 fellahin (contadini arabi). Bonaparte però rimase imperterrito. Ordinò alle sue cinque divisioni di disporsi in quadrato, posizionando i cannoni agli angoli della formazione. Alludendo alla grande piramide di Giza, chiaramente visibile dal campo di battaglia, Bonaparte disse ai suoi uomini: "dall'alto di quelle piramidi, quaranta secoli vi guardano!" (Chandler, 224).

La seguente battaglia delle piramidi fu la più famosa vittoria francese nel corso della campagna. Le formazioni a quadrato resero inutile la formidabile cavalleria dei Mamelucchi: i cavalli, davanti alla minaccia delle baionette francesi, disarcionavano i loro cavalieri. In due ore, i Mamelucchi erano in rotta, e centinaia di loro affogarono, presi dal panico durante il loro tentativo di fuggire attraversando il Nilo. I Mamelucchi spesso scendevano in battaglia portando con sé tutti i loro oggetti di valore; questo voleva dire che addosso al cadavere di un singolo mamelucco c'era un bottino sufficiente a rendere ricco un soldato francese: per quattro giorni dopo la battaglia, i francesi si impegnarono nella macabra attività di ripescare i cadaveri dal fiume con le loro baionette. Un altro ufficiale di Murad Bey, Ibrahim Bey, abbandonò il Cairo senza combattere, e Bonaparte entrò trionfante in città il 24 luglio. Il generale Desaix fu mandato all'inseguimento di Murad e Ibrahim nell'Alto Egitto e si coprì di gloria sconfiggendo i Mamelucchi a El Lahun (7 ottobre), Samhud (22 gennaio 1799) e presso Abnud (8 marzo).

Explosion of L'Orient at the Battle of the Nile
Esplosione de L'Orient nella battaglia del Nilo
George Arnald (Public Domain)

La fortuna di Bonaparte però non durò per sempre. Il 1° agosto 1798, Nelson raggiunse la flotta francese ancorata nella baia di Abukir. Nello scontro che ne conseguì, noto come battaglia del Nilo, la flotta francese fu annichilita: 11 delle 13 navi di linea furono catturate o distrutte, e l'esplosione dell'ammiraglia francese, L'Orient, causò la morte dell'ammiraglio Brueys e di 1.000 marinai. La schiacciante vittoria di Nelson tagliò a Bonaparte le linee di rifornimento e la possibilità di far arrivare rinforzi: il giorno dopo, ricevendo la notizia, Bonaparte ironizzò con i suoi ufficiali dicendo "mi pare che vi piaccia questo paese. È una vera fortuna, poiché da adesso in poi non abbiamo una flotta che ci riporti in Europa" (Roberts, 178).

L'occupazione del Cairo

Avendo la maggior parte dell'Egitto sotto il suo controllo, Bonaparte tentò di conquistare la popolazione. Al Cairo, ingaggiò delle discussioni teologiche con gli sceicchi locali, sfoggiando la sua conoscenza del Corano e dando l'impressione che volesse convertirsi all'Islam. Il 20 agosto, finanziò una festa di tre giorni per celebrare la nascita del profeta Maometto, durante la quale fu dichiarato "genero" del profeta e presentato con il nome di Ali-Bonaparte. Nel giorno conclusivo delle celebrazioni, Bonaparte inaugurò l'Institut d'Egypt, nominando Monge come presidente, tentando di impressionare i cittadini de il Cairo con la ragione e la scienza illuminista.

Molti però non credettero a questa esibizione e il malcontento per l'occupazione francese continuò a salire. A settembre, il fallimento di Talleyrand di adempiere al suo compito diplomatico apparve in tutta la sua evidenza: l'Impero ottomano dichiarò guerra alla Francia e il 20 ottobre arrivò la voce che gli ottomani stessero radunando un esercito in Siria per attaccare Bonaparte. La stessa notte scoppiò la rivolta del Cairo. Il generale Dupuy, governatore militare della città, fu infilzato per strada con delle lance mentre 15 guardie del corpo di Bonaparte e uno dei suoi aiutanti di campo furono uccisi e dati in pasto ai cani. Prima che Bonaparte potesse rispondere adeguatamente, 300 soldati francesi erano morti e i ribelli cairoti si rifugiarono presso la grande moschea di Gama-el-Azhar.

Revolt in Cairo, October 1798
Rivolta del Cairo, ottobre 1798
Anne-Louis Girodet-Trioson (Public Domain)

Conscio del fatto che qualsiasi ritardo avrebbe incoraggiato solo di più i 600.000 abitanti del Cairo a unirsi alla rivolta, Bonaparte rispose in maniera crudele. Bombardò la grande moschea con l'artiglieria prima di inviare al suo interno la fanteria, che profanò l'edificio. Furono uccisi 2.500 ribellinei combattim enti iniziali e, nel corso delle settimane successive, altri vennero giustiziati a centinaia. Per risparmiare munizioni, Bonaparte diede l'ordine di decapitarli e impilare le loro teste nel centro della città, gettando i corpi nel Nilo. Entro l'11 novembre la rivolta era stata domata e Bonaparte poté concentrarsi sulla crescente minaccia in Siria.

La campagna in Siria

Bonaparte decise di anticipare l'arrivo dell'esercito ottomano. Nel febbraio del 1799, guidò 13.000 uomini fuori dall'Egitto, che andarono a formare quattro consumate divisioni al comando dei generali Reynier, Kléber e Jean Lannes, mentre la cavalleria era guidata da Joachim Murat. Il 17 febbraio, Bonaparte venne fermato da 2.000 soldati ottomani che difendevano la fortezza di El-Arish. La fortezza cadde due giorni dopo a seguito di uno spaventoso bombardamento, e Bonaparte permise alla guarnigione di andarsene dopo aver giurato sul Corano che non sarebbero tornati a combattere contro di lui. I francesi passarono per Gaza prima di proseguire e di iniziare l'assedio di Giaffa il 3 marzo. Dopo tre giorni di assedio, Bonaparte inviò un messaggero per chiedere la resa della città: il governatore di Giaffa lo decapitò e ostentò la testa sopra le mura. Il giorno dopo, migliaia di francesi inferociti riuscirono a prendere la città, e Bonaparte concesse 24 ore di saccheggio incontrollato. Come ha osservato un orripilato studioso al suo seguito:

La vista era terribile. Il rumore degli spari, le grida di donne e uomini, pile di cadaveri... l'odore del sangue, i lamenti dei feriti, le urla dei vincitori che si litigavano il bottino. (Roberts, 189)

Le atrocità non finirono lì. Dato che alcuni difensori di Giaffa erano gli stessi uomini che Bonaparte aveva risparmiato dopo la presa di El-Arish, il generale decise di punire l'intera guarnigione. Il 9 marzo, tra i 2.000 e i 3.000 prigionieri di guerra furono portati sulla spiaggia a sud di Giaffa e massacrati. Bonaparte difese il suo operato affermando che non aveva abbastanza cibo per nutrirli, nonostante avesse preso 400.000 razioni di gallette da Giaffa. Il suo biografo Andrew Roberts nota che ci fu un elemento razziale in questo massacro, dato che Bonaparte certamente non avrebbe trattato un esercito europeo che si fosse arreso con tanta crudeltà.

Napoleon Visits the Plague Victims of Jaffa
Napoleone visita le vittime delle peste a Giaffa
Antoine-Jean Gros (Public Domain)

Per una sorta di legge del contrappasso, l'esercito francese fu colpito dalla peste subito dopo i massacri di Giaffa. Il tasso di mortalità fu del 92% e ci furono 270 nuovi casi al giorno; anche se Bonaparte fece del suo meglio per visitare i malati e prendersi cura dei suoi uomini, non poteva trattenersi a lungo a Giaffa. Il 14 marzo, Bonaparte riunì i soldati abili al combattimento e partì per Acri.

L'assedio di Acri

Bonaparte arrivò fuori le mura di Acri il 18 marzo, trovandosi davanti a una città con difese formidabili. La guarnigione era comandata da Jezzar Pasha, governatore della Siria, la cui crudeltà gli aveva fruttato il soprannome di "macellaio"; gli ottomani, inoltre, erano riforniti e aiutati dall'astuto commodoro britannico Sir Sidney Smith, che stava portando avanti una guerra psicologica contro i francesi impedendogli l'accesso a qualsiasi notizia proveniente dalla madrepatria. Napoleone confidava in una vittoria veloce, ma la flottiglia che trasportava i suoi cannoni pesanti da assedio fu catturata dal nemico, e i francesi si trovarono presto sotto il fuoco della loro stessa artiglieria. Bonaparte si vide costretto a utilizzare tattiche d'assedio più dispendiose, come scavare gallerie.

Questa fu solo la prima di una serie di calamità che colpì gli assedianti. L'assalto iniziale di Bonaparte del 28 marzo finì in un disastro: le scale dei francesi si rivelarono troppo corte per scalare le mura. Ci furono altri otto assalti francesi nelle successive nove settimane, tutti senza successo. I francesi, inoltre, si trovavano in un terreno paludoso infestato dalle zanzare, che causarono uno scoppio di malaria. Con l'aumentare delle perdite francesi, Bonaparte si ritrovò privo di ufficiali di talento. Il popolare generale Cafferelli morì di cancrena il 28 aprile, mentre il generale Bon fu ferito mortalmente il 10 maggio. Anche il generale Lannes ed Eugenio di Beauharnais ebbero ferite gravi.

Battle of Mount Tabor
Battaglia del monte Tabor
Léon Cogniet (Public Domain)

Il 16 aprile i francesi sconfissero un esercito di soccorso ottomano durante la battaglia del monte Tabor. Anche se la vittoria fu di proporzioni impressionanti, contribuì poco alla presa di Acri. Di lì a poco, Sidney Smith mise in atto il suo più grande atto di guerra psicologica, lasciando trapelare una notizia vera che raggiunse l'esercito di Bonaparte: tramite un giornale, Napoleone venne a conoscenza dell'inizio della guerra della Seconda Coalizione e delle sconfitte militari subite dalla Francia in Europa. Rendendosi conto che le sue capacità erano necessarie in Europa, tolse l'assedio il 20 maggio e iniziò una lunga e demoralizzante marcia verso il Cairo. Il fallimento dell'assedio perseguitò sempre Bonaparte, che in seguitò si lamentò, "ho mancato il mio destino ad Acri" (Roberts, 198).

La ritirata

Arrivato al Cairo il 14 giugno, Bonaparte riunì tutti i soldati abili al combattimento e marciò verso Alessandria. Prima che i francesi arrivassero, Smith aveva trasportato 15.000 soldati ottomani sotto il comando di Mustapha Pasha ad Abukir. Il 25 luglio, Bonaparte vinse la battaglia di Abukir, che si sarebbe rivelata la sua ultima vittoria in Egitto. Nel corso dello scontro persero la vita 2.000 ottomani e molti altri annegarono mentre venivano ributtati in mare. I francesi ebbero meno di 1.000 perdite, ma la flotta di Brueys era stata distrutta e la Francia era nuovamente in guerra in Europa: era chiaro che non sarebbero arrivati rinforzi.

Senza rivelare a nessuno le sue intenzioni, Bonaparte lasciò l'Egitto il 23 agosto con un pugno di ufficiali e di scienziati, abbandonando il resto dell'esercito ad Alessandria. Tornò in Francia dopo 41 giorni e, entro la fine dell'anno, prese il controllo del governo francese con il colpo di stato del 18 brumaio.

Assassination of Kléber
Assassinio di Kléber
Antoine-Jean Gros (CC BY-NC-SA)

Nonostante Bonaparte affermò che c'era bisogno di lui in Europa, il suo esercito si sentì comprensibilmente tradito. Il più furioso di tutti fu il generale Kléber, che ereditò il comando della spedizione in disfacimento. Kléber iniziò a chiamare Bonaparte "il piccoletto còrso", promettendogli vendetta una volta tornato in Europa. Kléber però non ebbe mai questa possibilità perché venne assassinato ad Alessandria nel giugno del 1800.

Il comando passò al generale Menou, in carica durante la difesa di Alessandria quando un esercito anglo-ottomano al comando di Sir Ralph Abercromby attaccò la città il 21 marzo 1801. Nonostante Abercromby fu ferito mortalmente, la vittoria nella battaglia di Alessandria arrise agli anglo-ottomani. Il Cairo cadde in giugno, e Menou capitolò ad Alessandria il 2 settembre 1801 dopo un lungo assedio. Il trattato di Parigi del 25 giugno 1802 mise fine alle ostilità tra Francia e Impero ottomano, e l'Egitto tornò nuovamente sotto il controllo della "Sublime porta".

Domande e risposte

Perché Napoleone abbandonò il suo esercito in Egitto e ritornò in Francia?

Napoleone affermò di aver abbandonato il suo esercito in Egitto perché c'era bisogno di lui in Europa, dove la Francia stava combattendo la guerra della Seconda Coalizione. Tuttavia, potrebbe anche aver rinnegato la campagna in Egitto perché si era rivelata un fallimento.

Cosa fece Napoleone in Siria?

Napoleone invase la Siria nel febbraio del 1799. Prese Giaffa e assediò Acri, dove incontrò la fiera resistenza dei difensori anglo-ottomani. Anche se vinse la battaglia del monte Tabor, non riuscì a prendere Acri e fu costretto a ritirarsi verso l'Egitto.

Perché Napoleone guidò una campagna in Egitto?

Napoleone guidò una campagna in Egitto per fondare una colonia francese da cui si sarebbero potuti minacciare il commercio britannico nel Mediterraneo e in India. Napoleone fu anche motivato dal desiderio di seguire le orme di Alessandro Magno e creare un impero in Medio Oriente e in Asia.

Cosa accadde durante la campagna di Napoleone in Egitto?

Inizialmente, la campagna di Napoleone in Egitto fu un successo: vinse la battaglia delle piramidi e prese il Cairo. Tuttavia, le sconfitte francesi nella battaglia del Nilo e nell'assedio di Acri fecero sì che Napoleone fu costretto ad abbandonare il suo esercito ad Alessandria e a tornare in Europa.

Come contribuì la campagna di Napoleone all'egittologia?

Durante la campagna d'Egitto, al seguito di Napoleone c'erano 167 studiosi, tra cui scienziati e altri accademici francesi, che avevano il compito di condurre ricerche in Egitto. Tra i vari ritrovamenti, un ufficiale dell'esercito di Napoleone portò alla luce la Stele di Rosetta, che permise di decifrare gli antichi geroglifici egizi.

Info traduttore

Giovanni De Simone
Ho conseguito la laurea in Lingue e Mediazione Culturale con il massimo dei voti presso l'Università di L'Aquila. Ho una grande passione per la storia e sono convinto che l'attività di traduzione possa arricchire la conoscenza di ciascuno di noi.

Info autore

Harrison W. Mark
Harrison Mark è diplomato in storia e scienze politiche presso la State University of New York a Oswego.

Cita questo lavoro

Stile APA

Mark, H. W. (2023, aprile 27). Campagna di Napoleone in Egitto e Siria [Napoleon's Campaign in Egypt and Syria]. (G. D. Simone, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/1-21818/campagna-di-napoleone-in-egitto-e-siria/

Stile CHICAGO

Mark, Harrison W.. "Campagna di Napoleone in Egitto e Siria." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. Modificato il aprile 27, 2023. https://www.worldhistory.org/trans/it/1-21818/campagna-di-napoleone-in-egitto-e-siria/.

Stile MLA

Mark, Harrison W.. "Campagna di Napoleone in Egitto e Siria." Tradotto da Giovanni De Simone. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 27 apr 2023. Web. 13 dic 2024.