Le olive e l'olio di oliva non erano solo una componente importante nella dieta classica del Mediterraneo, ma anche una delle maggiori industrie di successo nell'antichità. La coltivazione dell'olivo si propagò con la colonizzazione dei Fenici e dei Greci dall'Asia Minore fino all'Iberia ed al Nord Africa ed un buon olio di oliva divenne una delle principali merci di scambio fino al periodo romano ed oltre. L'olivo giunse ad avere anche un significato culturale più ampio, soprattutto famoso come ramo della pace e come corona del vincitore negli antichi giochi olimpici.
Diffusione Geografica
L'olivo veniva coltivato già intorno al 5000 a.C., e forse anche prima, lungo la costiera montuosa del Monte Carmelo nell'antico Israele. Qui, semplici presse per olive sono state rinvenute nel sito archeologico di Kfar Samir. Il successo del commercio è attestato da resoconti di esportazioni di olio di oliva verso la Grecia e l'Egitto durante tutto il terzo millennio a.C. La Grecia iniziò a produrre le proprie olive nella Creta Minoica ed a Cipro nel tardo periodo del bronzo e, da quel momento in poi, sulla terraferma. I Greci, come i popoli del Levante, iniziarono presto a produrre un'eccedenza di olio e quindi avviarono un lucrativo commercio di esportazione. Tale era la sua importanza che era l'unico commercio autorizzato nelle celebri leggi emanate da Solone (c. 640 - c. 560 a.C.). Con l'espansione coloniale dei Fenici e dei Greci, gli alberi di olivo (Olea Europea) si diffusero in tutto il Mediterraneo antico dove tutto ciò che serviva erano estati calde e precipitazioni relativamente leggere affinché questi alberi resistenti potessero prosperare.
Gli olivi si diffusero in nuove aree piantando talee ed ovuli (escrescenze del tronco) o innestando alberi domestici su piante selvatiche. I Romani piantavano le loro talee in appositi vivai per facilitarne la crescita. Longevo e resistente alla siccità, l'olivo era una forma di coltivazione pratica e a bassa manutenzione. Gli olivicoltori di solito piantavano i loro alberi tra piante da frutto e allevavano animali per ottenere un reddito in caso di fallimento del raccolto, ed era un modo semplice per mantenere gli oliveti liberi da erbacce e piante infestanti. Il residuo della spremitura delle olive poteva anche essere utilizzato come mangime, soprattutto per i maiali.
Dal I al III secolo d.C. i Romani diffusero la coltivazione dell'olivo in aree più marginali come la Tunisia centrale e la Libia occidentale, che richiedevano ampi sistemi di irrigazione per rendere l'attività agricola sostenibile. La dipendenza dei Romani dall'olio d'oliva è dimostrata dalla decisione di Settimio Severo di riscuoterlo come parte delle tasse imposte alle province e poi ridistribuirlo alla popolazione di Roma. Con l'espansione dell'Impero Romano, aumentò anche la domanda di olio d'oliva, con Costantinopoli che ne divenne uno dei maggiori importatori. In effetti, la creazione di un gran numero di aziende olivicole (e vigneti) in Siria e Cilicia per soddisfare questa domanda è considerata l'effetto della crescita economica regionale tra il III e il V secolo d.C.
I maggiori produttori di olive nel mondo antico erano Grecia, Italia, il Levante, la costa settentrionale dell'Africa, Spagna e Siria. Tra i luoghi che godevano di una reputazione particolarmente elevata nell'antichità per l'olio di alta qualità figuravano l'Attica, la Betica (in Spagna), la Cirenaica (Libia), Samo e Venafrum (Italia).
Produzione
Olive da tavola (rese commestibili tramite salatura) venivano mangiate, ma la maggior parte dei frutti raccolti venivano utilizzati per fare olio. Benchè l'olio era un prodotto di uso comune, non era per questo necessariamente economico, e, così come il vino, esistevano diverse gradazioni di qualità. Gli olivi generano un raccolto completo solamente una volta ogni due anni, di solito tra ottobre e Dicembre, ed i Greci pensavano che quanto prima le olive venissero raccolte (quando ancora verdi) e spremute, migliore fosse l'olio. Comunque, ritardare la raccolta durante la stagione, consente alle olive di continuare a crescere, maturare in modo tale che esse diventino nere, ed in tal modo più olio può essere spremuto da esse. La migliore qualità di olio, come oggi, si otteneva dalla prima spremitura quando la pasta conteneva il minor numero di grani al suo interno.
Le olive venivano spremute sia attraverso pestatura (gli addetti calzavano sandali di legno), con pestello e mortaio, utilizzando un rullo di pietra, od in presse, i primi frantoi azionati meccanicamente hanno origine a Klazomenai in Turchia. A far data dal VI secolo a.C., questi utilizzavano una trave ancorata ad una parete ed un peso in pietra per aumentarne la pressione e l'efficaca della spremitura. I primi frantoi conosciuti in Grecia provengono da Olynthos. Diversi esemplari ritovati utilizzavano pietre circolari per frantumare le olive. Uno dei frantoi meglio conservati proviene dalla città ellenistica di Argilos nella Grecia settentrionale. Con l'evolversi del frantoio, un verricello venne aggiunto in modo da far scendere la trave con maggiore forza.
Come nella maggior parte degli aspetti della vita quotidiana, i Romani fecero un passo ulteriore e produssero olio su scala molto maggiore. Vaste tenute sono descritte in modo dettagliato da autori quali Catone. Lo scrittore Romano descrive nella sua opera De agricoltura la resa annuale di un produttore attestarsi tra i 50.000 ed i 100.000 litri di olio. I Romani per primi utilizzarono una pressa circolare in pietra (trapetum) che consisteva di un'ampia vasca in pietra (mortarium) dove le olive venivano immesse e quindi schiacciate sotto due pietre concave (orbes) agganciate ad una trave centrale (cupa) ancorata ad un perno di ferro (columella). Questo apparato era quindi inserito in un foro centrale (miliarum) ubicato nella vasca e che consentiva di mescolare i noccioli al suo interno. Questi frantoi rotanti in pietra spesso impiegavano la forza animale utlizzando muli per incrementarne ulteriormente l'efficienza. I Romani passarono anche dalla tradizionale pressa a trave e a verricello alle presse a vite che incrementarono drammaticamente la pressione della spremitura. Ciò aiutò a soddisfare la continua e crecente richiesta per olio di oliva mentre l'Impero si espandeva, e risultò in quantitativi prodotti mai più raggiunti nuovamente fino al XIX secolo.
Una volta spremuto, l'olio veniva drenato in una grande vasca di sedimentazione in pietra posta sul pavimento del frantoio. Qui la miscela di acqua, succo di oliva ed olio si depositava e l'olio emergeva in superficie dove veniva filtrato utilizzando un mestolo o, in alternativa, un rubinetto alla base della vasca poteva essere aperto per fare scolare l'acqua. Una volta pronto, l'olio ottenuto veniva immagazzinato in contenitori di terracotta. In un'azienda olearia a Delos sei grandi vasi pithoi potevano contenere fino a 4.000 litri d'olio. Esistono fonti che indicano come l'olio prodotto in Nord Africa venisse trasportato via mare a Roma in cerate. Il più comune contenitore per lo stoccaggio, comunque, era l'anfora. Su queste vi erano spesso impresse informazioni quali il marchio del produttore, il luogo di produzione, la data di produzione, e quindi, se non utilizzato localmente, venivano spedite attraverso il Mediterraneo.
Utilizzi
Le olive e l'olio di oliva non erano solo una componente importante della dieta Mediterranea e degli utilizzi in cucina (e lo sono tutt'ora, naturalmente) ma l'olio prodotto dalla spremitura delle olive veniva anche utilizzato per molti altri propositi. I Greci ed i Romani lo utilizzavano per lavare i loro corpi dopo gli esercizi ginnici - spalmandolo in modo che raccogliesse lo sporco ed il sudore e poi raschiandolo via usando uno strumento metallico chiamato strigile. L'olio di oliva veniva utlizzato quale combustibile in lucerne di terracotta (e, più raramente di metallo), come ingrediente nei profumi, durante i rituali religiosi, per massaggi, come lubrificante multiuso, ed anche prescritto come medicinale.
Impatto sulla Cultura
L'importanza dell'olio nella cultura Greca si vede con la comparsa del ramo di olivo su monete dell'Atene Classica ed il suo utilizzo per le corone dei vincitori dei Giochi ad Olimpia. Gli Ateniesi consideravano l'olivo un dono della loro dea protettrice Atena, e proprio tale albero cresceva nell'acropoli della città. Essi avevano anche un'intera piantagione sacra di olivi (moriae), dalla quale l'olio veniva spremuto e versato in anfore decorate specificatamente per essere date, ogni anno, quale premio durante le Panatenee.
I rami di olivo acquisirono il significato di pace. Erodoto racconta che agli inizi del V secolo a.C., Aristagora di Mileto ne aveva uno quando si recò a negoziare l'aiuto da Cleomene durante la rivolta ionica contro la Persia in modo che egli non venisse respinto dal re spartano. Rami di olivo venivano anche portati dai pellegrini che visitavano il sacro oracolo di Apollo a Delfi. I Romani continuarono questa associazione e spesso raffiguravano il dio Marte, nella sua veste meno nota di portatore di pace, che reca con se un ramoscello d'olivo.