Il cibo nel mondo romano

Articolo

Mark Cartwright
da , tradotto da Aurora Alario
pubblicato il
Disponibile in altre lingue: Inglese, Francese, Portoghese, Spagnolo, Turco
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L'antica dieta mediterranea si basava principalmente su quattro alimenti base che, ancora oggi, continuano ad essere protagonisti nei menù dei ristoranti e nelle cucine; si tratta di cereali, verdure, olio d'oliva e vino. Per coloro che potevano permetterselo, andavano ad aggiungersi anche frutti di mare, formaggio, uova, carne e molte varietà di frutta. I romani erano altresì abili nel trattare e conservare i cibi grazie all'utilizzo di tecniche che andavano dalla salamoia alla conservazione nel miele. Insaporire i cibi con salse, erbe e spezie esotiche era un altro elemento fondamentale nella preparazione dei piatti romani. Ciò che sappiamo su cosa e come mangiavano i romani è documentato in testi, pitture murali, mosaici e persino in resti di cibo rinvenuti in siti archeologici quali Pompei.

A Pompeii Bakery
Panificio a Pompei
Penn State Libraries Pictures Collection (CC BY-NC-SA)

Cereali

La dieta dei romani era, per la maggior parte, a base di cereali; grano e orzo erano i più comuni, utilizzati soprattutto per la produzione di pane e zuppe. Il pane era generalmente grossolano e di colore scuro, mentre le pagnotte di migliore qualità erano meno scure e di consistenza più leggera. Le innovazioni apportate ai mulini da macinazione e ai setacci fini contribuirono a migliorare la raffinatezza della farina nel corso del tempo, la quale, tuttavia, rimase molto più grossolana rispetto ai moderni standard. Insieme a grano e orzo, si potevano reperire anche avena, segale e miglio.

Asparagus, Roman Mosaic
Asparagi, mosaico romano
Mark Cartwright (CC BY-NC-SA)

Frutta e verdura

I frutti più comunemente disponibili erano mele, fichi e uva (sia fresca che sotto forma di uva passa, nonché come succo non fermentato, noto come defrutum); tuttavia, non mancavano pere, prugne, datteri, ciliegie e pesche. Tra tali prodotti, molti potevano anche essere essiccati per aumentarne la durata di conservazione. Le verdure erano di solito, ma non esclusivamente, legumi e comprendevano fagioli, lenticchie e piselli. Dal momento che si trattava di un'ottima fonte di proteine, venivano spesso impastate nel pane. Tra le altre verdure disponibili si trovavano asparagi, funghi, cipolle, rape, ravanelli, cavoli, lattuga, porri, sedano, cetrioli, carciofi e aglio. I Romani mangiavano anche piante selvatiche qualora disponibili. Le olive e l'olio d'oliva, proprio come oggi, rappresentavano un alimento base, nonché un'importante fonte di grassi. Sia la frutta che la verdura potevano essere conservate in salamoia, aceto o in vino, succo d'uva o miele, così da essere consumate fuori stagione.

Wild Boar, Roman Mosaic
Cinghiale, mosaico romano
Mark Cartwright (CC BY-NC-SA)

Carne

La carne poteva considerarsi un alimento costoso per la maggior parte dei Romani, di conseguenza veniva di solito preparata sotto forma di piccoli tagli o salsicce. Il pollame e la selvaggina rappresentavano un'importante fonte di carne; tuttavia, si trovavano anche carne di maiale, vitello, montone e capra. La selvaggina, tra cui coniglio, lepre, cinghiale e cervo, veniva allevata in grandi aree boschive recintate. Una notevole varietà di uccelli come pernici, fagiani, oche, anatre, merli, colombe, gazze, pivieri, beccacce e quaglie venivano apprezzati per la carne (catturati allo stato selvatico o di allevamento), e pressocché qualsiasi tipo uccello esotico di grandi dimensioni, dal fenicottero al pavone, dallo struzzo al pappagallo, poteva finire nella pentola del cuoco di un aristocratico, desideroso di impressionare gli onorati ospiti del padrone. La carne poteva essere conservata anche attraverso salatura, essiccazione, affumicatura, stagionatura, sottaceto e conservazione nel miele.

Fish, Roman Mosaic
Pesci, mosaico romano
Mark Cartwright (CC BY-NC-SA)

Frutti di mare

Il pesce, la maggior parte del quale si trova ancora oggi nel Mediterraneo, poteva essere consumato fresco, essiccato, salato, affumicato o marinato. Data l'irregolarità dell'approvvigionamento, la conservazione del pesce garantiva un'utile integrazione proteica alla dieta romana. Pesci e crostacei venivano anche allevati in stagni artificiali di acqua dolce e salata. La salsa di pesce (garum), ottenuta dalla stagionatura di piccoli pesci interi o dalle interiora di pesci più grandi, era un metodo per insaporire i cibi estremamente popolare. Venivano inoltre consumati gamberi e granchi, mentre tra i molluschi disponibili vi erano cozze, vongole, capesante e ostriche.

Approvvigionamento

L'espansione della città di Roma portò ad un aumento nella domanda di un regolare approvvigionamento alimentare. Le imprese private soddisfacevano in gran parte il fabbisogno dei cittadini e i prodotti alimentari provenivano per lo più dall'Italia continentale e dalle isole maggiori, come la Sicilia e la Sardegna. Nella Repubblica, i magistrati si adoperavano per conquistare il favore dell'opinione pubblica assicurandosi prodotti alimentari dalle province assoggettate e dagli Stati alleati. Gracco fece il famoso gesto di istituire una quota mensile (frumentatio) prefissata di grano a un prezzo ragionevole stabilito per i cittadini. Augusto nominò un praefectus annonae, il cui compito nello specifico era di supervisionare il regolare approvvigionamento dei generi alimentari, soprattutto di grano. Il grano era controllato dallo Stato, dal momento che si trattava di una forma di tassazione in Italia e in Africa. Dal II secolo d.C. veniva distribuito al popolo anche l'olio d'oliva; nel III secolo venivano elargiti anche carne di maiale e vino, come parte della frumentatio per i cittadini più poveri. Durante l'ultimo impero, con l'indebolirsi dell'apparato statale, i privati più ricchi e la Chiesa si assunsero parte delle responsabilità riguardanti il mantenimento di un regolare approvvigionamento alimentare.

Trajans Market, Rome
Mercato Traiano, Roma
Mark Cartwright (CC BY-NC-SA)

I cittadini, se non producevano da soli delle scorte, acquistavano il cibo in un mercato privato (macellum). I macellum si tenevano nei fori pubblici delle città romane, all'aperto o in apposite sale di mercato. A Roma il mercato alimentare era quotidiano dal II secolo a.C.; uno dei luoghi più famosi e più grandi è il Mercato di Traiano, una sorta di antico centro commerciale. Nelle città di provincia, il mercato settimanale era la norma. Anche nelle proprietà private in campagna potevano essere organizzati dei mercati, con la possibilità di vendere direttamente i prodotti alla popolazione circostante.

Cucina

Nelle città romane si potevano trovare locande (cauponae) e taverne (popinae) in cui gli avventori potevano acquistare pasti pronti e godersi del vino a buon mercato (la birra veniva consumata solo nelle province settentrionali dell'impero); tuttavia, raramente godevano di una buona reputazione, in quanto spesso associati alla mancanza di pulizia e alla prostituzione, quindi venivano generalmente evitate dai cittadini più abbienti. Le panetterie mettevano a disposizione forni sufficientemente caldi necessari per la panificazione, nei quali spesso i clienti portavano il proprio impasto per il pane e usavano il forno della panetteria per cuocerlo. Al di fuori di questi stabilimenti, tuttavia, la cucina era ancora un'attività molto domestica. Con l'aiuto di un braciere, i cibi venivano arrostiti, cotti al vapore e bolliti. L'arte della buona cucina era collegata alla capacità di combinare bene gli ingredienti per creare salse gustose e uniche, utilizzando vino, olio, aceto, erbe, spezie e succhi di carne o di pesce. Esistevano anche scrittori che offrivano utili consigli di cucina, come Apicio che scrisse Sull'arte della cucina, una raccolta di ricette del IV secolo d.C..

Roman Food Shop Reconstruction
Ricostruzione di una bottega romana
Mark Cartwright (CC BY-NC-SA)

Le spezie (specie - ovvero qualsiasi bene esotico di valore), in particolare, offrivano un'infinita varietà di combinazioni di sapori e non meno di 142 tipi diversi sono stati identificati nelle fonti antiche. Spesso provenivano dall'Asia e le possibilità aumentarono solo a partire dal I secolo d.C., quando furono aperte le rotte marittime dirette verso l'Egitto e l'India. Le spezie esotiche includevano zenzero, chiodi di garofano, noce moscata, curcuma, cardamomo, cassia, macis, cannella e, la più popolare di tutte, il pepe. Tra gli aromi più saporiti prodotti più vicino a noi vi erano il basilico, il rosmarino, la salvia, l'erba cipollina, l'alloro, l'aneto, il finocchio, il timo e la senape.

Pasti

All'inizio della Repubblica il pasto principale della giornata si svolgeva a ora pranzo e veniva chiamato cena, mentre la sera si consumava un pasto più leggero (vesperna). Con il passare del tempo, la cena si spostò sempre più avanti nella giornata, fino a diventare il pasto seralem mentre il pasto di mezzogiorno prese il nome di prandium. Il pranzo tipico, leggero, consisteva in pesce o uova con verdure. Per iniziare la giornata, la colazione o ientaculum, anch'essa leggera, a volte solo pane e sale, ma occasionalmente con frutta e formaggio.

Fruit, Roman Mosaic
Frutta, mosaico romano.
Mark Cartwright (CC BY-NC-SA)

Risparmiandosi per la cena, poi, i Romani, perlomeno coloro che potevano permetterselo, la trasformavano in un pasto abbondante, tipicamente articolato in tre parti. Prima c'era la gustatio a base di uova, crostacei, ghiri e olive, il tutto accompagnato da una coppa di vino diluito con acqua e addolcito con miele (mulsum). Dopo gli antipasti, la cena entrava nel vivo con una serie di portate (fecula), a volte fino a sette, che includevano il piatto forte, il caput cenae. La carne o il pesce erano ovviamente il piatto principale; alle volte veniva preparato anche un intero maiale arrosto. Le famiglie più ricche, naturalmente, cercavano di stupire gli ospiti con piatti esotici come struzzi e pavoni. La fase finale era il dessert (mensae secundae), che poteva includere noci, frutta o persino lumache e altri molluschi.

Conclusione

Stabilire con esattezza chi mangiasse cosa e quando in epoca romana continua a essere terreno fertile di studi; tuttavia, la documentazione archeologica offre ampie prove della varietà di alimenti a disposizione almeno per una parte della popolazione romana. Possiamo anche constatare che i Romani erano abili nel garantire un approvvigionamento continuo di tali alimenti attraverso differenti pratiche agricole, tecniche di coltivazione artificiale e metodi di conservazione del cibo. In effetti, il loro relativo successo è indicato dal fatto che una produzione alimentare di tale portata non si sarebbe più vista in Europa fino al XVIII secolo.

Bibliografia

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Info traduttore

Aurora Alario
Sono una traduttrice freelance. Mi sono laureata in Mediazione Linguistica presso il SSML Centro Masterly di Palermo, dove ho studiato interpretariato e traduzione per le lingue inglese e francese. Mi interessa la storia e subisco il fascino della cultura indiana. Sono appassionata di informatica, musica e lingue, ovviamente.

Info autore

Mark Cartwright
Mark è ricercatore, storico e scrittore. Formatosi in filosofia politica, si interessa di arte, architettura e di storia globale delle idee. È direttore editoriale della World History Encyclopedia.

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Stile APA

Cartwright, M. (2014, maggio 06). Il cibo nel mondo romano [Food in the Roman World]. (A. Alario, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/2-684/il-cibo-nel-mondo-romano/

Stile CHICAGO

Cartwright, Mark. "Il cibo nel mondo romano." Tradotto da Aurora Alario. World History Encyclopedia. Modificato il maggio 06, 2014. https://www.worldhistory.org/trans/it/2-684/il-cibo-nel-mondo-romano/.

Stile MLA

Cartwright, Mark. "Il cibo nel mondo romano." Tradotto da Aurora Alario. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 06 mag 2014. Web. 05 ott 2024.