Il Blocco Continentale fu un embargo ai danni del commercio britannico, imposto dall'imperatore dei francesi Napoleone I e attivo dal 21 novembre 1806 all'11 aprile 1814. Tale misura fu pensata per danneggiare l'economia della Gran Bretagna, così da costringere quest'ultima all'uscita dalle guerre Napoleoniche (1803–1815). La strategia si dimostrò, tuttavia, di difficile applicazione e si rivelò controproducente per la Francia, contribuendo inesorabilmente alla disfatta di Napoleone.
La Gran Bretagna rappresentava, agli occhi di Napoleone, il nemico più insidioso. Fu essa, infatti, a tessere e a finanziare gran parte delle coalizioni antifrancesi durante le Guerre Rivoluzionarie e Napoleoniche. In seguito alla distruzione della flotta francese a Capo Trafalgar (21 ottobre 1805), Napoleone dovette definitivamente abbandonare l'idea di invadere le isole britanniche via mare e intraprese, così, la via dell'embargo. Il Blocco aveva lo scopo di negare alla Gran Bretagna ogni accesso al commercio continentale. Napoleone si era illuso che ciò avrebbe paralizzato l'economia di quella che lui stesso definiva una "nazione di commercianti" e che avrebbe portato ad ampi sconvolgimenti sociali nell'Impero Britannico. Inoltre, Napoleone nutriva la falsa speranza che il Blocco avrebbe rafforzato l'egemonia francese sul continente, dal momento che le industrie francesi avrebbero colmato il vuoto lasciato dalla Gran Bretagna nel mercato Europeo.
Esso non ebbe tuttavia l'effetto auspicato da Napoleone. Sebbene, in un primo momento, l'economia britannica avesse accusato un rallentamento, la scomparsa dal commercio continentale fu compensata avviando nuove rotte commerciali extraeuropee. Le industrie sul continente, private delle materie prime fornite dai mercanti britannici, subirono gravi perdite. Si diffuse la pratica del contrabbando, con la complicità degli stessi funzionari doganali di Napoleone. In assenza di una flotta che fosse in grado di rendere l'embargo effettivo, Napoleone tentò di imporne la partecipazione agli altri paesi: ciò accese dei conflitti che si rivelarono per lui fatali, fra cui la guerra di Spagna (1807–1814) e la disastrosa campagna di Russia (1812). Napoleone non seppe ammettere il fallimento del Blocco Continentale, che rimase in vigore fino alla sua prima abdicazione nell'aprile 1814.
Antefatti
Un importante solco era andato scavandosi fra Gran Bretagna e Francia a partire dal 1688, con la guerra della Grande Alleanza. Essa contribuì all'inasprirsi di una rivalità che sarebbe perdurata per oltre un secolo e che avrebbe animato diversi conflitti. Talvolta definito come la seconda guerra dei cent'anni (1688–1815), l'incessante bellicismo anglo-francese si era via via esteso sul piano economico, dal momento che entrambe le parti fecero ricorso a dazi ed embarghi al fine di indebolire l'avversario. In un'epoca segnata da politiche mercantiliste e colonialiste, il perno del successo di un impero risiedeva nell'accumulazione di ricchezza attraverso il commercio. Era pratica comune, pertanto, che le potenze europee ambissero a colpire i possedimenti coloniali e il commercio facenti capo ai propri rivali. Questa strategia aveva rappresentato una costante da ben prima che Napoleone dichiarasse il Blocco: come sottolineato dallo storico Alexander Mikaberidze, quella di Napoleone non fu una mossa dissennata, bensì il consolidamento di un costume già ampiamente diffuso (228).
Fu la Gran Bretagna, e non la Francia, a lanciare la prima offensiva sul piano economico. Al momento dell'entrata in guerra nel 1793, la Gran Bretagna dispose un embargo sui porti francesi, tenendone in scacco il commercio marittimo fino al 1799. La Francia non si dimostrò in grado rispondere adeguatamente, almeno fino al dicembre del 1800, quando il controllo sull'Europa occidentale si era esteso a tal punto da negare ai britannici ogni accesso ai porti continentali, dalla Norvegia fino a Napoli. L'intervento russo aggravò ulteriormente gli effetti dell'embargo francese come lo zar Paolo I (r. 1796–1801), deluso dalle politiche britanniche durante la guerra della seconda coalizione (1798–1802), cercò di ridimensionare i rapporti di forza con l'alleato: Paolo requisì 300 navi britanniche attraccate nei porti russi, interruppe ogni pagamento ai mercanti britannici e ne sequestrò merci e magazzini.
Allo scopo di tutelare il libero commercio, lo zar Paolo raccolse Russia, Svezia, Danimarca e Prussia sotto una Lega dei neutri, esprimendosi in disaccordo con la pratica, attuata dalla Royal Navy, di ispezionare le navi neutrali alla ricerca di contrabbando francese. In Gran Bretagna, il gesto fu recepito come un'espressione di simpatia nei confronti della Francia, e la Royal Navy aprì il fuoco sulla flotta danese nella prima battaglia di Copenaghen. La mossa britannica, sommatasi all'assassinio dello zar nel marzo 1801, fece sì che la Lega dei neutri naufragasse. Gli embarghi attuati da Francia e Russia si esaurì un anno dopo, quando il Trattato di Amiens mise fine alle ostilità aperte tra Gran Bretagna e Francia. L'embargo congiunto rivelò la dipendenza della Gran Bretagna da determinati beni di provenienza continentale, come il grano, la canapa e alcune forniture per la cantieristica navale (Mikaberidze, 117). Inoltre, il mercato continentale costituiva il 40% delle esportazioni totali della Gran Bretagna, rendendo pertanto ammissibile pensare a un effettivo rischio per l'economia britannica. Tuttavia, l'embargo franco-russo del 1800 non durò sufficientemente a lungo da influire in modo significativo sull'economia britannica, e non rappresentò che un debole accenno delle ben più drastiche misure successive.
Decreti di Berlino e di Milano
Le ostilità tra Gran Bretagna e Francia ripresero nel maggio 1803, con il venire meno del fragile Trattato di Amiens. La Gran Bretagna si affannò quindi ad architettare nuove coalizioni, che arrivarono a raggruppare, in vari momenti, Austria, Prussia, Russia, Svezia, Portogallo, Spagna e altri. Nei primi anni successivi alla ripresa del conflitto armato, l'esercito francese travolse l'Europa, respingendo ogni tentativo di opposizione. Ad Austerlitz Napoleone sconfisse le forze austro-russe (2 dicembre 1805), a Jena l'esercito prussiano (14 ottobre 1806), a Friedland i russi (14 giugno 1807).
Al momento della pace di Tilsit nel luglio 1807, Napoleone aveva in pugno buona parte dell'Europa occidentale e centrale, tramite occupazione diretta o tramite alleanze e stati cuscinetto. Eppure, nonostante l'indiscutibile superiorità sulla terraferma, i mari rimanevano, per la Francia, un ostacolo insormontabile. A seguito della distruzione della flotta francese a Trafalgar, ogni speranza di sfidare la Gran Bretagna in mare, o di tentare uno sbarco sulle Isole Britanniche, si era esaurita. Con la terraferma saldamente in mano francese e i mari sotto il dominio britannico, nessuna delle parti fu più in grado di sopraffare l'altra militarmente. Entrambe intrapresero la via del protezionismo, mirando al logoramento del nemico.
Il 16 maggio 1806, il governo britannico decretò il blocco dell'intero tratto di costa fra Brest e il fiume Elba. Sei mesi dopo, occupata la capitale prussiana, Napoleone rispose con il Decreto di Berlino, che prescriveva il Blocco Continentale. Introdotto dall'assioma "l'Inghilterra non contempla il diritto delle nazioni seguito universalmente da tutti i popoli civilizzati", il Decreto ammetteva, per gli avversari della Gran Bretagna, il "diritto naturale di opporsi al nemico con le stesse armi che usa" (Roberts, 427). Gli articoli, redatti dal ministro degli esteri francese Charles Maurice de Talleyrand, indicavano:
- Le Isole Britanniche sono in stato di embargo.
- Ogni forma di commercio, o corrispondenza, con le Isole Britanniche è vietata.
- Ogni suddito britannico, in qualsiasi stato o condizione egli possa trovarsi... sarà considerato prigioniero di guerra.
- Tutti i magazzini, tutte le merci, tutte le proprietà... appartenenti a un soggetto inglese saranno trattate come bottino.
- A ogni imbarcazione che provenga direttamente dall'Inghilterra, o da una colonia inglese, o che vi abbia transitato a partire dalla pubblicazione del presente decreto sarà interdetto l'accesso a ogni porto.
- Il presente decreto sarà presentato... ai re di Spagna, Napoli, Olanda ed Etruria, e ai nostri alleati, i cui sudditi, come i nostri, sono vittime dell'ingiustizia e della barbarie della legislazione marittima inglese.
Con un decreto inflessibile, volto a precludere ogni attività commerciale britannica nei porti continentali, Napoleone ambiva al collasso dell'economia nemica, così da spingere il parlamento di Londra a negoziare la pace sotto la morsa della fame. Tuttavia, la Gran Bretagna rispose nel novembre 1807 con ulteriori decreti che prevedevano la requisizione di ogni nave che, pur neutrale, commerciasse in un porto francese. Di lì in avanti, chiunque avesse voluto intrattenere rapporti commerciali con un soggetto francese avrebbe dovuto, in prima istanza, transitare per la Gran Bretagna per ottenere una licenza speciale. Napoleone estese quindi la sua misura precedente con i Decreti di Milano di novembre e dicembre 1807 che, come quelli promulgati oltremanica, irrompevano nella sfera del commercio neutrale: stabilì che qualsiasi imbarcazione che si fermasse nei porti britannici, o che acconsentisse a essere ispezionata da navi britanniche, era passibile di requisizione per mano francese o alleata. L'intrusione nelle attività neutrali perturberà inoltre il commercio statunitense, divenendo concausa della guerra del 1812 tra Gran Bretagna e Stati Uniti.
Conseguenze sulla Gran Bretagna
Il decreto napoleonico fu ricevuto con particolare scherno da parte del governo britannico, consapevole della limitatezza degli strumenti di cui Napoleone disponeva per imporlo: "che senso ha parlare di embargo alla Gran Bretagna, quando [Napoleone] possiede malapena una nave sull'oceano per fare rispettare il suo ordine? Piuttosto, avrebbe potuto dichiarare un embargo contro la luna e impossessarsi di tutta l'influenza lunare" (Mikaberidze, 235). Sebbene, sul lungo periodo, il Blocco fallì, sarebbe errato affermare che esso non abbia in alcun modo influito negativamente sull'economia britannica, particolarmente nelle sue prime fasi. Sul finire del 1807, Russia, Danimarca, Prussia, Olanda, Italia, Napoli e Confederazione del Reno si erano uniti al sistema continentale e, dal 1809, anche l'Austria ne avrebbe accettato l'adesione forzata.
Poiché l'Europa continentale era coinvolta in un terzo delle esportazioni dirette e in due terzi delle riesportazioni della Gran Bretagna, quest'ultima registrò, in effetti, un'inflessione. Tra il 1808 e il 1814, la disponibilità di metallo prezioso da parte della Banca d'Inghilterra diminuì da 6,9 a 2,2 milioni di sterline. Ciò fu aggravato dai cattivi raccolti del 1810 e alle tensioni con gli Stati Uniti, che portarono a una depressione economica nel 1811–1812. Si diffusero disoccupazione e inflazione, comportando la chiusura di diversi istituti bancari britannici. Seguirono proteste diffuse da parte delle classi inferiori, la cui portata, tuttavia, non soddisfò le aspettative di Napoleone, mentre le classi medie e più facoltose continuarono a sostenere il governo nello sforzo bellico.
Malgrado le difficoltà economiche, il commercio britannico riuscì non solo a sopravvivere, ma a prosperare. I commercianti britannici, privati dell'accesso ai mercati europei, furono costretti ad aprirne di nuovi in Asia, Africa e Sud America. Quest'ultima, in particolare, costituì uno sbocco commerciale privilegiato e le esportazioni britanniche crebbero, nel complesso, da una media di £25,4 milioni all'anno tra il 1800 e il 1809 a £35 milioni tra il 1810 e il 1819. Ciò riuscì a compensare qualsiasi perdita finanziaria che il Blocco Continentale aveva inflitto alla Gran Bretagna e rese la continuazione della guerra sostenibile economicamente.
Conseguenze sul Continente
Il Blocco Continentale ebbe un impatto decisamente più negativo sull'impero napoleonico e i suoi alleati. Commercianti e manifatture in tutto il continente dovettero affrontare la scarsità tanto di materie prime quanto di beni di lusso, tra i quali cotone, zucchero, coloranti e caffè. Tali articoli potevano essere acquisiti esclusivamente sotto pagamento di elevati dazi o intraprendendo la via del contrabbando: ciò avviò il declino economico delle regioni che più dipendevano dal commercio, come la Lega Anseatica e l'Olanda. Luigi Bonaparte, re d'Olanda e fratello di Napoleone, si vide detronizzato in seguito al suo rifiuto di far rispettare il Blocco per via dell’effetto negativo che avrebbe avuto sul paese, che fu direttamente annesso all'Impero. Furono diverse le regioni europee per cui i decreti si sarebbero rivelati controproducenti. In Italia, il Blocco mise in ginocchio le industrie della stampa tessile, del tabacco e della seta e la lavorazione del grano. La Norvegia vide un brusco declino nelle industrie del legname e del ferro. In Portogallo un terzo delle imprese chiusero. In Spagna la guerra si sovrappose al Blocco, distruggendo la maggior parte delle industrie (Mikaberidze, 239).
Pur consapevole delle ripercussioni, quantomeno a breve termine, dei decreti sul suo impero, Napoleone era disposto a fare un sacrificio se questo avesse comportato la sconfitta della Gran Bretagna. Infatti, parte dello scopo del Blocco Continentale era stato quello di incoraggiare le industrie francesi a sostituire quelle britanniche, per favorire la posizione della Francia come centro economico, oltre che politico e militare, dell'Europa. Tuttavia, anche essa fu drasticamente colpita dalla perdita del commercio neutrale: le città portuali di Bordeaux, Marsiglia e La Rochelle persero ogni accesso alle merci coloniali e il prezzo dei prodotti agricoli di base aumentò vertiginosamente.
Secondo le stime di Mikaberidze, fra il 1789 e il 1809 il numero di raffinerie di zucchero a Bordeaux diminuì da 40 a 8, e oltre due terzi delle 1 700 imprese tessili parigine chiusero (238). E sebbene alcune industrie francesi, come quelle della lana e della seta, registrarono una crescita in un primo momento, i loro mercati furono ricollocati a mano a mano che l'avanzata di Napoleone investiva l'Europa. In Francia si diffuse il malcontento fra i lavoratori e gli investitori, i quali accusarono il regime Napoleonico di aver condotto il paese verso queste sventure economiche. Napoleone incoraggiò gli scienziati francesi a trovare dei surrogati per i materiali di provenienza coloniale: ciò portò alla scoperta che la barbabietola da zucchero e il colorante indaco potevano essere prodotti in Francia, ma non fu sufficiente a compensare la perdita delle importazioni coloniali.
Il contrabbando arrivò a coinvolgere oltre 800 navi operanti nel Mediterraneo nel solo 1811. Heliogoland, al largo della costa occidentale della Danimarca, e Salonicco, occupata dagli Ottomani, divennero i punti di ingresso previlegiati per i beni di contrabbando nel continente. Nel 1809, con l'aiuto dei contrabbandieri, la Gran Bretagna riuscì a esportare beni per un valore di 10 milioni di sterline nel sud dell'Europa (Mikaberidze, 236). Napoleone cerò di fare fronte al traffico illegale aumentando il numero di funzionari doganali, i quali si dimostrarono però inclini a incassare tangenti. Nel 1810, Napoleone cercò di ridurre gli effetti del contrabbando con il Decreto di Saint-Cloud, che concedeva alla Francia sudoccidentale e alla Spagna di commerciare con attività britanniche e che riaprì la Francia al commercio americano. Ciononostante, il mercato nero dei beni britannici perdurò, e persino i più stretti sostenitori e familiari di Napoleone vi parteciparono. Gioacchino Murat, cognato di Napoleone e re di Napoli, si dimostrò particolarmente tollerante nei confronti del contrabbando all'interno del suo regno. Il maresciallo André Masséna guadagnò oltre tre milioni di franchi dal mercato nero durante la sua permanenza a Napoli. Persino l'imperatrice Giuseppina Beauharnais, moglie di Napoleone, acquistava regolarmente merci britanniche di contrabbando.
Per quanto dolorosi potessero essere gli effetti economici sull'Impero Napoleonico, i problemi maggiori arrivarono quando Napoleone cercò di rendere il Blocco effettivo. Napoleone non disponeva di una flotta sufficientemente ampia per potere isolare i porti britannici. Pertanto, il successo del sistema continentale sarebbe dipeso dalla partecipazione di ogni stato europeo alla chiusura dei propri porti. La riluttanza del Portogallo nel 1807 indebolì significativamente l'intero progetto e, per far sì che si conformasse ai decreti, Napoleone avviò una costosa campagna di invasione. Seguirono quindi l'occupazione dello Stato Pontificio e le Province Illiriche nel 1809, e delle città anseatiche nel 1810. L'ossessione di fare rispettare il Blocco condusse Napoleone in Russia nel 1812, dopo che lo zar Alessandro I di Russia (r. 1801–1825) ebbe abbandonato il Blocco e riaperto al commercio britannico. L'avanzata si rivelò disastrosa, comportando la distruzione dell'armée e segnando l'inizio del suo declino.
Conclusione
Tramite il Blocco Continentale, Napoleone si era posto l'obiettivo di porre un freno alla supremazia commerciale britannica e di rinsaldare l'egemonia francese sul continente, ma fallì in entrambi i suoi intenti. L'esito positivo, per quanto limitato, sortito in un primo momento venne meno come il commercio britannico seppe adattarsi ai nuovi mercati globali. La depressione economica che colpì la Gran Bretagna nel 1811–1812 ebbe origine, oltre che dal Blocco Continentale, dai cattivi raccolti della stagione precedente e dall'imminente guerra contro gli Stati Uniti. La diffusione del contrabbando e la farraginosa industrializzazione impedirono alla Francia napoleonica di imporsi come faro dell'economia europea. I tentativi coercitivi, da parte di Napoleone, di rendere efficace il Blocco Continentale portarono alle sue più pesanti sconfitte militari e, infine, allo sgretolamento del suo impero. Nel complesso, i decreti causarono la deindustrializzazione di diverse regioni europee e una sostanziale arretratezza economica rispetto alla Gran Bretagna. Fino al tardo Ottocento, molte industrie europee non seppero competere con le antagoniste britanniche.