L'esercito Cartaginese

Definizione

Mark Cartwright
da , tradotto da Alexis Gagliardi
pubblicato il 08 giugno 2016
Disponibile in altre lingue: Inglese, Francese, Spagnolo
Ascolta questo articolo
X
Stampa l'articolo
Punic Cuirass (by Alexander van Loon, CC BY)
Corazza cartaginese
Alexander van Loon (CC BY)

L'esercito cartaginese permise alla città di forgiare il più potente impero del Mediterraneo occidentale tra il VI e il III secolo a.C. Sebbene Cartagine fosse una nazione tradizionalmente marinara e avesse una potente flotta, si vide costretta ad impiegare un esercito di terra per promuovere le proprie rivendicazioni territoriali e affrontare i propri nemici; fu così che impiegò gli eserciti mercenari degli alleati e delle città-stato assoggettate, adottando armi e tattiche tipiche dei regni ellenistici. Gli eserciti cartaginesi riportarono vittorie in Africa, Sicilia, Spagna e Italia, guidati da comandanti celebri come Amilcare Barca e Annibale. Il dominio militare di Cartagine, tuttavia, alla fine venne sfidato e sconfitto da Roma e, dopo la sconfitta riportata nella seconda guerra punica (218-201 a.C.), i giorni di Cartagine come potenza iniziarono a finire.

L'impero cartaginese

Cartagine fu fondata nel IX secolo a.C. dai coloni della città fenicia di Tiro, ma già nel secolo successivo la città iniziò a fondare colonie proprie, creando un impero che andò a coprire il Nord Africa, la penisola iberica, la Sicilia e altre isole del Mediterraneo. Il nuovo territorio sarebbe stato una fonte di ricchezza e manodopera enorme, ma allo stesso tempo avrebbe anche portato la città in diretta concorrenza non solo con le tribù locali, ma anche con altre potenze, in particolare i potentati greci e in seguito Roma. A causa di ciò, si rese necessario l'impiego di grandi forze militari, in particolare di eserciti di terra.

I comandanti

Il comandante di un esercito cartaginese (rab mahanet) restava in carica per il tempo che durava una specifica guerra e di solito proveniva dalla famiglia regnante. Il generale spesso poteva essere completamente autonomo o, in altre occasioni, doveva fare affidamento sul consiglio dei 104 e delle due personalità politiche più importanti di Cartagine, i suffetes (magistrati), per le decisioni importanti, come dichiarare una tregua, chiedere la pace o ritirarsi. Inoltre, dopo una battaglia o una guerra, i comandanti erano sottoposti a un tribunale che indagava sulla loro competenza o altro. Diversi gruppi familiari all'interno di Cartagine avevano i propri eserciti privati, che potevano essere impiegati dallo Stato; una situazione che causava un'intensa rivalità tra i comandanti. Inoltre, il comando era talvolta condiviso da due o anche tre generali, creando ulteriori motivi di contrasto.

L'ESERCITO CARTAGINese ERA COMPOSTO DA OPLITI cartaginesi, CAVALLERIA AFRICANA E MERCENARI provenienti da tutto L'IMPERO.

La motivazione doveva essere alta perché i generali che fallivano in tempo di guerra venivano puniti duramente. Una delle pene minori era una grossa multa, mentre lo scenario peggiore era la crocifissione. Diversi comandanti, a seguito di una sconfitta, si suicidavano per evitare quest'ultima pena, anche se ciò non impedì al consiglio dei 104 di crocifiggere il cadavere di un certo Magon, nel 344 a.C. circa. La paura del fallimento e delle sue gravi conseguenze presente nella struttura di comando dell'esercito può essere il motivo per cui i generali tendevano ad essere eccessivamente cauti e prudenti in battaglia.

Organizzazione

L'esercito cartaginese era costituito dalla fanteria pesante, composta da cittadini cartaginesi. Era un gruppo d'élite di 2.500-3.000 soldati, identificabili dai loro scudi bianchi, e conosciuti come Battaglione Sacro. Il nome era lo stesso di quello dell'esercito d'élite tebano, a dimostrazione che, a partire dal IV secolo a. C., i cartaginesi iniziarono ad adottare pratiche elleniche, distaccandosi da quelle tipiche del Vicino Oriente. Il Battaglione Sacro rimaneva asserragliato all'interno delle massicce mura della città. Una seconda fonte di truppe proveniva dalle città alleate e dal territorio del Nord Africa, in particolare l'antica Libia e Tunisia. Erano guidati da ufficiali cartaginesi e venivano pagati per i loro servizi.

Carthaginian Sacred Band Hoplite
Oplita cartaginese del Battaglione Sacro
Aldo Ferruggia (CC BY-SA)

Poiché nessuno dei due gruppi precedenti era molto numeroso o godeva di una buonissima reputazione, dopotutto i Cartaginesi erano noti per la loro flotta, ci si affidò a un terzo gruppo, composto da mercenari professionisti, per creare un esercito che potesse eguagliare i nemici di Cartagine. Questi mercenari provenivano da tutti gli stati alleati e conquistati del Mediterraneo, in particolare dalla Grecia, l'Iberia, la Gallia e l'Italia meridionale. Un'altra componente notevole era la cavalleria numida, altamente qualificata, i cui cavalieri erano armati di giavellotto e cavalcavano senza briglie, tale era la loro abilità. Portavano un piccolo scudo per proteggersi e lanciavano anche lunghi dardi avvelenati contro il nemico. Un insolito contingente di mercenari proveniva dalle terre libico-egiziane, il quale schierava donne in battaglia, di solito su carri o a cavallo. Portavano il pelta, uno scudo a forma di mezzaluna, e brandivano asce bipenne.

Tutti questi gruppi di mercenari divennero un elemento fondamentale dell'esercito cartaginese a partire dalla fine del III secolo a.C. Per evitare che gli eserciti mercenari di successo si mettessero in testa di deporre l'élite cartaginese e di prendere la città, i Cartaginesi si assicurarono che tutte le posizioni di alto comando e intermedio fossero detenute da cittadini cartaginesi. Tuttavia, nonostante queste precauzioni, gli eserciti mercenari si sarebbero dimostrati sleali in diverse occasioni e causarono persino lotte tra clan rivali dell'aristocrazia, la più famosa delle quali fu durante la guerra libica (ossia la guerra dei mercenari, 241-237 a. C.).

Armi e armature

Poiché gli eserciti di Cartagine erano solitamente gruppi compositi di forze mercenarie puniche, africane e straniere, le loro armi e armature differivano a seconda dell'origine o delle preferenze delle unità. Inoltre, i Cartaginesi utilizzavano anche le armi e le armature dei loro nemici caduti. Il contatto con i greci in Magna Grecia e in Sicilia li portò ad adottare un armamentario tipicamente greco, come gli elmi corinzi e traci in bronzo e le pesanti armature degli opliti (una tunica di metallo o pelle e schinieri per proteggere la parte inferiore delle gambe). Venivano anche indossati vecchi elmi conici, così come gli elmi con la maschera per il viso e le corazze di metallo rivestite in pelle indossate dagli ciprioti. Anche la corazza di lino rinforzata (linothorax) tempestata di borchie in bronzo e con strisce pendenti (pteryges) per proteggere l'inguine fu copiata dai guerrieri greci.

Carthaginian Mercenaries
Mercenari cartaginesi
The Creative Assembly (Copyright)

Gli scudi erano circolari (circa 90 cm di diametro) o ovali con un umbone metallico verticale al centro (simile al thureos), sebbene le truppe celtiche, ad esempio, avessero uno scudo stretto e rettangolare fatto di legno di quercia. Gli scudi erano decorati con motivi legati alla religione punica o classica, come la Medusa o un occhio; alcuni erano persino personalizzati, come quello di Asdrubale Barca, che aveva il suo ritratto dipinto sopra. Sembra che i Cartaginesi indossassero molti gioielli d'oro e pelli di animali in vista della battaglia, specialmente gli ufficiali, i quali si distinguevano ulteriormente nel vivo della battaglia grazie ai loro imponenti pennacchi e alle loro scintillanti armature di metallo prezioso. I generali indossavano spesso armature costose fatte a scaglie, come quella indossata da Annibale, realizzata con scaglie di bronzo dorato, ereditata da suo padre.

Le armi tipiche erano la spada, con lama dritta o ricurva, la kopis Mediorientale, e il pugnale. I Celti usavano notoriamente spade lunghe e affilate mentre la fanteria iberica aveva spade ricurve. Anche le tribù spagnole usavano una spada corta molto efficace, cosa che i romani notarono; in seguito avrebbero adottato un'arma molto simile, il gladius hispaniensis.

Gli arcieri venivano usati, specialmente gli abili mori e i cretesi, ma molto meno che in altri eserciti. Erano principalmente impiegati sui carri o sugli elefanti per tirare sulla fanteria avversaria. Altre armi usate erano le lance (3-6 m di lunghezza), i giavellotti (l'arma principale della cavalleria) e le asce bipenne (bipennis). Le fionde venivano usate per tirare proiettili di piombo o pietre a forma di mandorla per una massima penetrazione nell'armatura. Erano usati soprattutto dai micidiali frombolieri mercenari delle Isole Baleari.

Balearic Slinger
Fromboliere delle Baleari
Johnny Shumate (Public Domain)

L'artiglieria faceva parte degli eserciti in Sicilia, dove le città erano ben fortificate. I cartaginesi si affrettarono a copiare invenzioni ellenistiche come la catapulta (per pietre e proiettili incendiari) e le balestre. Durante gli assedi impiegarono anche arieti, torri d'assedio mobili, barricate e cunicoli per superare le fortificazioni nemiche. La stessa Cartagine era dotata di macchine di artiglieria per la difesa.

I Carri

I Cartaginesi impiegarono i carri da guerra fino al III secolo a.C. Erano costruiti con telai di legno ricoperti da pannelli di rami di salice intrecciati. Erano carri a un asse e potevano trasportare due persone: un conducente e un arciere. A volte un terzo uomo, un oplita, si univa al gruppo. Le ruote potevano essere dotate di lame e la squadra di due o quattro cavalli era protetta da corazze di metallo e coperture laterali in pelle di bue. Come la cavalleria, erano usati per spezzare le linee di fanteria nemiche. Avendo bisogno di un terreno pianeggiante per funzionare in modo efficace, furono in gran parte usati in Nord Africa e nel sud della Spagna e sparirono completamente a partire dal III secolo a.C.

Elefanti da guerra

I Cartaginesi usavano in guerra una specie ormai estinta di elefante originaria del Nord Africa. Tuttavia, Annibale potrebbe aver avuto alcuni elefanti indiani, più grandi, grazie al suo alleato Tolomeo II . Armati di zanne e alti 2,5 metri, gli elefanti erano resi ancora più temibili dalla loro armatura, che gli acopriva la testa, il tronco e i fianchi, e dalle lame o lance attaccate alle loro zanne. Guidati da un addestratore (mahout), erano usati per distruggere le formazioni nemiche. Non abbastanza grandi da trasportare una sovrastruttura (howdah), questa varietà di elefanti forse aveva un secondo soldato armato di arco o giavellotti. Prima delle battaglie, agli elefanti veniva dato vino fermentato, di modo che si comportassero in modo più imprevedibile e diventassero più aggressivi. Senza dubbio l'aspetto e il rumore degli elefanti causavano il panico tra gli uomini e i cavalli del nemico, ma erano terribilmente imprevedibili in battaglia e potevano causare danni sia ai nemici sia agli alleati. Quando le forze nemiche si abituavano a loro e addestravano i loro cavalli a non farsi prendere dal panico, o se il terreno non era adatto, la loro efficacia era notevolmente ridotta.

Carthaginian War Elephant
Elefanti da guerra cartaginesi
The Creative Assembly (Copyright)

Strategie e tattiche

Dopo una prima schermaglia che coinvolgeva la cavalleria leggera, l'esercito cartaginese attaccava frontalmente il nemico con la fanteria pesante, proprio come i greci avevano fatto per secoli con la falange (una linea di opliti strettamente raggruppati che si proteggevano a vicenda con gli scudi). L'esercito cartaginese era suddiviso in compagnie di circa 250 uomini, organizzati su 16 linee da 16 truppe, i quali andavano a formare battaglioni di circa 4.000 uomini, in maniera molto simile alla falange macedone. La fanteria leggera era disposta sui lati e proteggeva i fianchi della falange, che poteva attirare le linee nemiche. Le truppe venivano coordinate durante la battaglia usando stendardi che, per le unità cartaginesi, erano bastoni con nastri sormontati dal simbolo della luna crescente e del disco solare. Ogni gruppo etnico aveva poi i propri simboli, come il cinghiale celtico, e i blasoni sugli scudi erano usati anche per identificare chi era chi.

Gli elefanti venivano posti davanti alla fanteria per disgregare i ranghi del nemico e le unità di cavalleria leggera per molestare il nemico dai lati o dal retro. C'era anche una piccola unità di cavalleria pesante, composta solo da cittadini cartaginesi, che poteva spezzare le linee di fanteria nemiche a metà battaglia. La cavalleria era anche usata per molestare il nemico in ritirata. Quando non era coinvolta in scontri diretti, la cavalleria, in particolare quella numida, veniva utilizzata per tendere imboscate alle truppe nemiche o guidarle verso la fanteria pesante.

In alcune battaglie, l'esercito cartaginese contò fino a 70.000 uomini (ma di solito erano meno della metà) e il suo successo dipendeva molto dalla capacità del comandante di unire tutti i gruppi in una forza coesa. Annibale era particolarmente rinomato per la sua abilità in questo e per la sua volontà di adattare tattiche e formazioni nemiche superiori, come dopo la battaglia del Lago Trasimeno (217 a.C.), quando probabilmente adottò il più flessibile schieramento di truppe di manipoli romane rispetto alla statica falange.

Battle of Cannae - Destruction of the Roman Army
Battaglia di Canne - Distruzione dell'esercito Romano
The Department of History, United States Military Academy (Public Domain)

Conclusione

In alcuni teatri l'esercito cartaginese riscosse grandi successi, in particolare in Nord Africa, Sicilia, Spagna e Italia, dove Annibale vinse notoriamente quattro grandi battaglie contro Roma. Tuttavia, la seconda guerra punica fu forse un punto di svolta. Il generale romano Scipione l'Africano riuscì a persuadere la cavalleria numida a unirsi alla sua causa e sconfisse Annibale e i suoi elefanti nella battaglia di Zama (202 a.C.). Roma, con i suoi eserciti standardizzati, ben equipaggiati e ben addestrati, che potevano essere sostituiti da una fornitura apparentemente infinita di manodopera e ricchezza, aveva portato l'antica guerra a un nuovo livello di professionalità. Le debolezze intrinseche dell'esercito cartaginese, gruppi disparati di mercenari a volte sleali, strutture di comando confuse e un'eccessiva dipendenza dalla fanteria pesante e dagli elefanti da guerra, fecero sì che Cartagine fosse, in definitiva, incapace di mantenere la sua posizione di superpotenza mediterranea e tenere il passo con la potente Roma.

Info traduttore

Alexis Gagliardi
I am Alexis Gagliardi. I am a young literary translator that started working in this field two years ago. I love History, Movies and Literature, and Languages of course.

Info autore

Mark Cartwright
Mark è ricercatore, storico e scrittore. Formatosi in filosofia politica, si interessa di arte, architettura e di storia globale delle idee. È direttore editoriale della World History Encyclopedia.

Cita questo lavoro

Stile APA

Cartwright, M. (2016, giugno 08). L'esercito Cartaginese [Carthaginian Army]. (A. Gagliardi, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/1-14824/lesercito-cartaginese/

Stile CHICAGO

Cartwright, Mark. "L'esercito Cartaginese." Tradotto da Alexis Gagliardi. World History Encyclopedia. Modificato il giugno 08, 2016. https://www.worldhistory.org/trans/it/1-14824/lesercito-cartaginese/.

Stile MLA

Cartwright, Mark. "L'esercito Cartaginese." Tradotto da Alexis Gagliardi. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 08 giu 2016. Web. 31 ott 2024.