Gela

Definizione

Salvatore Piccolo
da , tradotto da Salvatore Piccolo
pubblicato il 20 dicembre 2017
Disponibile in altre lingue: Inglese, Francese
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Man-headed Bull, Gela (by Mark Cartwright, CC BY-NC-SA)
Toro dalla testa umana, Gela
Mark Cartwright (CC BY-NC-SA)

Gela (in greco: Ghéla), città della Sicilia meridionale e centro culturale per tutta l'antichità, fu una colonia greca fondata intorno al 689 a.C. Grazie alla rigogliosità dei suoi commerci si espanse ben presto su gran parte del territorio meridionale dell'isola, fondando, tra l'altro, la città di Agrigento. Agli inizi del V secolo a.C. salì al potere il tiranno Gelone e verso la fine di quel secolo la città fu bersaglio di attacchi e distruzioni da parte di Cartagine. Essa riprese vita grazie al generale corinzio Timoleonte, anche se cinquant'anni dopo, nel 282 a.C., fu distrutta da Finzia, per ironia della sorte tiranno proprio di Agrigento, la sua sub-colonia.

Fondazione

Gela è situata su una lunga e bassa collina che corre parallela al mar Mediterraneo, sulla costa meridionale della Sicilia. I primi insediamenti nella zona risalgono all'età del rame (2800-2170 a.C.). La storia del luogo ha inizio con la fondazione della colonia, intorno al 689 a.C., da parte dei greci provenienti da Rodi e da Creta al comando di Antifemo di Rodi ed Entimo di Creta. La città prese il nome inizialmente di Lindioi per mutarlo subito dopo in Gela, dal nome del vicino fiume.

La fondazione di Gela fu una delle imprese più ardite della colonizzazione greca in Sicilia, perché i coloni si insediarono in una zona della costa meridionale dell'isola, pericolosa per la presenza di importanti centri indigeni sicani e siculi. Quando i Rodio-Cretesi sbarcarono, ridussero la popolazione locale allo stato servile (tranne forse le donne, che presero in moglie nelle prime due generazioni), occupando le pianure e le colline circostanti e fondendo la cultura indigena con la propria.

NEL 580 AC, CIRCA 108 ANNI DALLA sua NASCITA, GELA FONDÒ AKRAGAS (AGRIGENTO).

Primo Governo

È documentato che la nuova comunità seguì il modello politico greco con un governo tutto proprio e indipendente. Fin dall'inizio il potere si concentrò nelle mani di poche famiglie, riunite in clan, che si attribuirono il controllo politico, giudiziario e religioso della città. Intorno al 600 a.C., ciò portò al primo caso di "stasis" o guerra civile accaduto nella storia occidentale. Questo caso si limitò al solo ammutinamento delle classi povere che non godevano di alcun diritto politico. Il gruppo di emarginati, sicuramente la maggioranza, che costituiva la classe lavorativa, abbandonò ad un certo punto la polis o città-stato e si rifugiò a Maktorion, pochi chilometri a nord di Gela, lasciando inattiva l'economia della città. Fu allora che Teline, antenato del tiranno Gelone, raggiunse i ribelli nel luogo in cui si erano auto-esiliati convincendoli a ritornare alle loro case. Come ricompensa per aver salvato la città, Teline fu insignito del sacerdozio di Demetra e Kore che, a sua detta, gli avevano suggerito il modo migliore per prevenire una guerra civile. Il culto delle due dee da quel momento in poi si diffuse a macchia d'olio in tutta la Sicilia, e Gela divenne centro propulsore delle iniziative religiose intraprese dal suo capostipite e dai suoi discendenti (tra cui il tiranno Gelone).

Map of Greek Sicily, 5th Century BCE
Mappa della Sicilia greca, V secolo a.C
Salvatore Piccolo (CC BY-NC-ND)

Espansione territoriale

Nel 580 a.C., circa 108 anni dopo la sua origine, Gela fondò Akragas (Agrigento). L'ellenizzazione di Akragas da parte dei Ghelói (nome greco degli abitanti di Gela), rivela una comune strategia perseguita dai Sicelioti (i coloni greci in Sicilia) per la conquista della Sicilia occidentale; lo prova il fatto che i Megaresi, 50 anni prima (628 a.C.), avevano fondato Selinunte, circa 100 chilometri più a ovest di Agrigento, già sede di un emporio ghelóo. Con la fondazione di Agrigento si creò una base che permise la conquista dell'entroterra siciliano occidentale compreso tra il fiume Imera meridionale e il fiume Alycos (moderno Platani). Questa politica portò ad un'espansione del territorio gelese a circa 80 chilometri a nord, fino a Sabucina, Gibil Gabib, Monte San Giuliano; a est, fino a Kamarina, e a ponente, come già detto, fino ad Agrigento. A soli 120 anni dalla sua fondazione, l'area sotto il controllo di Gela aveva già raggiunto i 10.000 chilometri quadrati.

Una Polis rigogliosa

All'inizio del V secolo a.C., la Sicilia si avvia verso un periodo aureo e le sue città-stato giocheranno un ruolo cruciale nella storia occidentale. Gela, grazie alle sue abili maestranze artigiane, aveva sviluppato una ricca rete commerciale, ben documentata dagli scavi archeologici. A metà del VI secolo a.C., la città cominciò a limitare le sue importazioni dalla Grecia, avendo acquisito un grado di autonomia e competenza tali da crearsi grande fama in tutto il mondo greco. Particolarmente degne di nota furono le decorazioni dei templi, la produzione di vasi dipinti e la realizzazione di maestosi sarcofagi fittili (in terracotta) la cui decorazione e bellezza non ebbe eguali nel mondo antico. Uno splendido esempio di opera d'arte gelóa è un thymiatérion (brucia incenso) a forma di statuetta femminile con una ciotola in testa: pur imitando analoghi manufatti dell'Egeo, il maestro gelóo riuscì a superare l'ormai frequente banalità dell'oggetto, imprimendogli tratti talmente originali che rendono l'opera un “unicum”.

I tiranni

Gela fu resa famosa anche dai suoi tiranni: il primo fu Cleandro. Le informazioni storiche su di lui, purtroppo, sono frammentarie. Vincitore dei giochi Olimpici del 512/508 a.C., salì al potere con un colpo di stato, rovesciando il regime oligarchico precedente i cui membri si dichiaravano discendenti degli antichi colonizzatori. Cleandro mantenne il potere sulla città tramite mercenari, molti dei quali Siculi, ma fu ucciso dal ghelóo Sabillo per motivi che sconosciamo.

Charioteer of Delphi [Illustration]
Auriga di Delfi [Illustrazione]
Gina Pardo (CC BY-NC-SA)

A Cleandro successe il fratello Ippocrate, che svolse una lungimirante politica espansionistica e portò la città di Gela a un livello tale di ricchezza da farne la città più potente della Sicilia. Questi morì nel 491 a.C., durante l'assedio di Hybla, roccaforte della resistenza sicula. L'ambizioso programma di Ippocrate fu proseguito da uno dei suoi migliori generali, Gelone, figlio di Deinomene, che passerà alla storia come tiranno magnanimo e giusto. Sposatosi con Demarete, figlia di Terone, tiranno di Agrigento, Gelone divenne tiranno anche di Siracusa dopo aver risolto una contesa tra i ricchi (gamòroi) e i poveri (kyllýrioi) del luogo. Nel 480 a.C., egli sconfisse i Cartaginesi in una memorabile battaglia combattuta ad Imera (l'odierna Termini Imerese) che mirava alla conquista della Sicilia. Di quella vittoria e di Gelone, glorioso vincitore, si fece portavoce lirico Pindaro, il poeta greco di Tebe che trascorse diversi anni in Sicilia, in particolare a Siracusa e ad Akragas. Il tiranno fu talmente stimato dal suo popolo che lo riconobbe come "secondo fondatore" di Siracusa.

Alla morte di Gelone, nel 478 a.C., il suo ruolo fu ereditato dal secondo fratello Ierone, a sua volta sostituito a Gela dal terzo fratello, Polizelo. Nel 476 a.C. Ierone fondò Aitna (Catania) e nel 472 a.C. vinse una grande battaglia a Cuma contro gli Etruschi che minacciavano il commercio tra la Sicilia e l'Italia meridionale. Con la morte di Ierone, avvenuta nel 467 a.C., il potere passò al quarto fratello, Trasibulo, rovesciato appena un anno dopo dalla sua stessa famiglia per aver convinto il figlio di Gelone a rinunciare alla pretesa di diventare tiranno di Siracusa. Da quel momento in poi, la storia della città si fa poco chiara.

Sembra che da allora in poi a Gela non si susseguiranno più tiranni, avendo la città adottato una forma di governo democratico. Essa, certamente, continuò ad essere un importante centro culturale se, nel 459 a,C., il grande tragico Eschilo vi pose la sua residenza dopo aver lasciato con disgusto la sua nativa Atene. Il drammaturgo morì nella città siciliana tre anni dopo esservisi stabilito, all'età di 63 anni. Il popolo ghelóo gli eresse un monumento sul quale, secondo la tradizione (Paus. I, 14; Aten. XIV, 627), furono incise queste parole:

Αἰσχύλον Εὐφορίωνος Ἀθηναῖον τόδε κεύθει
μνῆμα καταφθίμενον πυροφόροιο Γέλας·
ἀλκὴν δ'εὐδόκιμον Μαραθώνιον ἄλσος ἂν εἴποι
καὶ βαθυχαιτήεις Μῆδος ἐπιστάμενος

Questa lapide copre Eschilo (figlio) di Euforione,

ateniese, morto a Gela produttrice di grano: |

il bosco di Maratona potrebbe testimoniare il suo glorioso valore |

e il Medo dalle lunghe chiome che ben lo conosce.

Atene e Cartagine

Nel 424 a.C. Gela era ancora una città autorevole, tanto da organizzare un "Congresso della pace" che mirava a favorire un'intesa tra le città siceliote, in perenne conflitto tra loro, affinché si unissero contro un comune nemico, gli Ateniesi, che minacciavano di invadere l'intera isola. I risultati del congresso furono positivi e i greci, presupponendo che per loro si stavano preparando guai seri, ritennero più opportuno ritirarsi e tornare nella loro terra. Ma gli Ateniesi non dermorsero, lanciando un attacco nove anni dopo e rimanendo sconfitti nel 412 a.C.

Silver Tetradrachm of Gela
Tetradramma di Argento di Gela
Gina Pardo (CC BY-NC-SA)

Nella primavera del 406 a.C. anche i Cartaginesi sbarcarono in Sicilia per impossessarsene. Un esercito di 300.000 uomini al comando di Annibale (non il celebre generale della seconda guerra punica) e del giovane Imilcone, conquistò Agrigento dopo otto mesi di combattimenti, devastando la città e spogliandola dei suoi tesori, tra cui il famoso "toro di bronzo" di Falaride che fu trasferito a Cartagine. La caduta di Agrigento fu un disastro per la causa siceliota, perché innescò pericolosi effetti destabilizzanti che culminarono in numerosi tradimenti da parte degli alleati sicelioti affrettatisi a salire sul carro del vincitore africano. Quando giunse la primavera del 406 a.C., Imilcone, con un esercito di 120.000 uomini e 4.000 cavalieri marciarono verso Gela e Kamarina. I Ghelói, fiduciosi nell'aiuto dei siracusani e nel loro tiranno Dionisio, si prepararono alla battaglia, purtroppo persa per la defezione di Dionisio. Non sappiamo perché Dionisio decise di ritirarsi. È certo che questo portò alla distruzione di Gela da parte degli Africani e provocò l'evacuazione della sua popolazione a Siracusa.

Rinascita Ellenistica

Gela, rimasta disabitata fino al 339 a.C., fu ricostruita da Timoleonte, generale corinzio inviato in Sicilia per tirarla fuori dalla palude anarchica in cui era impantanata. Sotto la guida del comandante greco, Gela ricevette un nuovo impulso architettonico e artistico. La città, fu ricostruita nella zona collinare occidentale, utilizzando le rovine di quella vecchia. Furono ricostruiti gli edifici pubblici e privati, furono ampliate le mura difensive e la sua antica parte orientale fu destinata ad accogliere laboratori artigianali. Le mura di "Caposoprano", note per la loro tecnica costruttiva con blocchi squadrati di pietre nella parte inferiore e mattoni crudi in quella superiore, costituirono un ampliamento del circuito difensivo già esistente, all'interno del quale venne protetta la nuova polis. In questo periodo uno dei suoi più famosi cittadini fu Apollodoro, il poeta comico e drammaturgo della "nuova commedia" e Archestrato, poeta, filosofo e padre della gastronomia, le cui opere riflettono il benessere della rifondata Gela.

Timoleon Walls, Gela
Mura di Timoleonte, Gela
Alessandro451 (CC BY-SA)

Distruzione da parte di Finzia

Nel 282 a.C., si narra che la città fu definitivamente distrutta da Finzia, tiranno di Agrigento, che fondò una nuova città alla quale diede il proprio nome, Finziade (l'odierna città di Licata), trasferendovi gli abitanti di Gela. Questa interpretazione, forse un po' troppo semplicistica e contraddittoria, è riportata nella Bibliotheca historica di Diodoro Siculo (XXII, 2,4). Il racconto dell'atteggiamento spietato di Finzia nei confronti di Gela sembrerebbe essere stato una semplice propaganda di guerra da parte dei siracusani, allora in guerra con la città del Golfo.

Nel racconto di Diodoro, che riferisce una precedente distruzione di Gela pochi anni prima da parte dei Mamertini, ci sono evidenti contraddizioni. Viene da chiedersi perché Finzia abbia infierito su una città da poco crollata. In quel momento non avrebbe potuto costituire un pericolo per Agrigento, se mai lo fosse stato. Akragantìnoi e Ghelói avevano d’altronde goduto di un duraturo rapporto privilegiato basato sulle comuni origini (ricordiamo che Gela aveva fondato Akragas) e sui continui e stretti legami familiari tra i loro abitanti. Non è neppure pensabile che il tiranno aprisse un secondo fronte di guerra mettendo a repentaglio le possibilità di vittoria contro Siracusa. La notizia che Finzia fosse colpevole di un crimine così odioso, commesso contro la propria madrepatria, inoculata dalla propaganda siracusana, lo rese un tiranno impopolare e spiega la perdita dell’aiuto delle altre città siciliane (Diod., XXII, 2,6). Ciò gli costò le sorti della guerra contro la città aretusea.

Storia più recente

Gela non fu completamente abbandonata. In epoca romana fu ridotta a un modesto villaggio di contadini. Tuttavia, continuò a essere ricordata per la sua grande storia: Virgilio, nell'Eneide, cita i suoi "Campi Ghelói" (la vasta pianura di grano molto famosa nell'antichità), e Cicerone, Strabone e Plinio la citano nelle loro opere. La città rinacque 1.500 anni dopo, quando nel 1239, Federico II di Svevia ricostruì una nuova città nello stesso punto dell'antico insediamento.

Bibliografia

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Info traduttore

Salvatore Piccolo
Salvatore Piccolo è un archeologo. I suoi scavi includono i dolmen della Sicilia dove in uno di questi, a "Cava dei Servi", ha rinvenuto resti umani e frammenti di ceramica che hanno svelato il mistero della funzione e della cronologia dei dolmen mediterranei.

Info autore

Salvatore Piccolo
Salvatore Piccolo è un archeologo. I suoi scavi includono i dolmen della Sicilia dove in uno di questi, a "Cava dei Servi", ha rinvenuto resti umani e frammenti di ceramica che hanno svelato il mistero della funzione e della cronologia dei dolmen mediterranei.

Cita questo lavoro

Stile APA

Piccolo, S. (2017, dicembre 20). Gela [Gela]. (S. Piccolo, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/1-10965/gela/

Stile CHICAGO

Piccolo, Salvatore. "Gela." Tradotto da Salvatore Piccolo. World History Encyclopedia. Modificato il dicembre 20, 2017. https://www.worldhistory.org/trans/it/1-10965/gela/.

Stile MLA

Piccolo, Salvatore. "Gela." Tradotto da Salvatore Piccolo. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 20 dic 2017. Web. 31 ott 2024.