Tláloc

Definizione

Mark Cartwright
da , tradotto da Omar Carminati
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Tlaloc (by Alex Torres, CC BY-ND)
Tláloc
Alex Torres (CC BY-ND)

Tláloc (pronunciato Tla-loc), uno dei più importanti e formidabili dei del pantheon azteco, era considerato il dio della pioggia, dell'acqua, dei fulmini e dell'agricoltura. Visto come un dio benevolo capace di garantire la pioggia, Tláloc era anche una divinità spietata e distruttiva quando comandava tempeste e siccità. Nel mito azteco della Creazione, egli era il sovrano del terzo Sole, associato a Mázatl (cervo) il settimo giorno, e il suo equivalente nel calendario era il 9 Océlotl - il Giaguaro -, egli era l'ottavo dei 13 Signori del Giorno e il nono Signore della Notte e il suo animale simbolo era l'aquila.

Il nome Tláloc deriva da due parole della lingua Nahuatl: tlali, ovvero 'terra', e oc, che significa 'qualcosa in superfice'. Tuttavia, le origini del dio sono probabilmente di molto antecedenti alla cultura Nahuatl, poiché egli condivide numerose similitudini con il dio IV del pantheon olmeco e il dio B di quello Maya, o Chac. Nelle varie culture mesoamericane, Tláloc è anche conosciuto come Dzahui tra i Mixtechi, Tajίn tra i Totonachi, Chupithripeme tra i Taraschi e infine Cocijo tra gli Zapotechi.

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Nato durante la Creazione, quando Quetzalcoatl e Huitzilpochtli (o in alcune versioni Tezcatlipoca) smembrarono il mostruoso rettile Cipactli, Tláloc era associato a ogni fenomeno metereologico connesso all'acqua, come la pioggia, le nuvole, i temporali, le alluvioni, i fulmini, la neve, il ghiaccio, e persino i periodi di siccità.

Tláloc possedeva anche quattro manifestazioni particolari come i quattro colori e i quattro punti cardinali. Note collettivamente come i Tláloc, esse includevano Nappatecuhtli, creatore degli strumenti commerciali e delle armi da caccia, e Opochtli, patrono di Chalco. In un'immagine a colori, si credeva che Tláloc avesse a portata di mano quattro vasi giganti che rappresentavano i quattro punti cardinali. Dal vaso dell'Est, Tláloc ha distribuito le piogge essenziali alla vita, mentre dagli altri vasi il dio ha dispensato i terribili flagelli di siccità, malattia e gelo, tanto mortali per raccolti e uomini. In alternativa, si pensava che piovesse quando i Tláloc frantumavano, adoperando dei bastoni, dei vasi colmi d'acqua posti all'interno delle montagne. Infatti, il rumore dei tuoni era creduto essere il fracasso di questi vasi che si rompevano.

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Associato alle montagne, Tláloc era anche considerato il signore di tlaloque - un gruppo eterogeneo di divinità della pioggia, del tempo atmosferico e delle montagne.

Associato alle montagne, Tláloc era anche considerato il signore di Tlaloque - un gruppo eterogeneo di divinità della pioggia, del tempo atmosferico e delle montagne (questi ultimi conosciuti in particolare come 'piccoli Tláloc' o Tepictoton) - assieme a sua sorella Chalchiúhtlicue (o in altre versioni sua moglie o madre), lei stessa divinità dei fiumi, degli oceani e delle alluvioni. Tláloc aveva anche due mogli: la prima era Xochiquetzal, dea della fertilità e dei fiori, rapita da Tezcatlipoca e quindi sostituita con Matlalcueitl, un'altra divinità della pioggia.

Il culto e i rituali

Nella capitale azteca di Tenochtitlán, due templi gemelli erano stati allestiti sulla piramide del Templo Mayor, uno dedicato al grande dio Huitzilpochtli (che rappresentava la stagione secca) e l'altro era invece dedicato a Tláloc, al quale veniva data la stessa importanza. I monumentali gradoni che ascendevano al tempio di Tláloc era pitturati di blu e bianco, quest'ultimo era il colore usato per rappresentare l'acqua, l'elemento così fortemente associato al dio. Il tempio del dio era sul lato settentrionale della piramide e segnava il solstizio estivo e la stagione delle piogge. Dentro la piramide sono state trovate offerte connesse al mare come i resti di alcuni coralli, di conchiglie e di altre forme di vita marina. Tláloc aveva anche un tempio di montagna fuori Tenochtitlán, straordinariamente situato in cima ai 4000 e più metri del Monte Tláloc.

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Il dio era particolarmente venerato nei mesi di Atlcahualo (primo e secondo mese nel calendario solare azteco), Tozoztontl (il terzo e il quarto) e Atemoztli (il sedicesimo e il diciassettesimo) quando gli si dedicavano offerte floreali. Mentre per placarne l'ira e vincerne i favori gli si offrivano sacrifici umani, inclusi i bambini, le cui lacrime erano viste come segni favorevoli e collegati alle gocce di pioggia da Tláloc stesso. Spighe di grano e steli erano tenuti nelle abitazioni private ed erano riveriti come rappresentazioni di Tláloc nella sua funzione di dio della fertilità.

Si credeva anche che Tláloc fosse il sovrano del paradiso ultraterreno di Tlalocán dove le vittime delle alluvioni, delle tempeste e delle malattie come la lebbra erano ricevuti dopo la morte. I caduti erano sotterrati e non cremati, come invece voleva la tradizione, ed erano interrati con un pezzo di legno che si credeva capace di germogliare foglie e fiori una volta che la persona fosse entrata a Tlalocán. Nel tardo periodo del Messico Postclassico, si credeva che Tláloc vivesse in grotte sufficientemente umide per un dio della piogga ma anche colme di tesori magnifici.

Temple Mayor, Tenochtitlan
Templo Mayor, Tenochtitlán
Wolfgang Sauber (CC BY-SA)

Le rappresentazioni nell'arte

La più antica rappresentazione artistica di Tláloc risale al I secolo a.C. e si trova su dei vasi provenienti da Tlapacoya, dove si vede il dio brandire un fulmine. La più antica raffigurazione in architettura è datata invece al II e al III secolo d.C. e si trova Teotihuacán. Alla grande Piramide di Quetzalcóatl di Teotihuacán, effigi in pietra di Tláloc si alternano con quelle di Quetzalcóatl lungo i piani su più livelli. Una delle più possenti rappresentazini del dio (sebbene possa anche essere sua sorella Chalchúhtlicue) è certamente la gigante statua di pietra ora posta all'esterno del Museo Nazionale di Antropologia a Città del Messico.

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Così come molte delle più importanti divinità mesoamericane, Tláloc è solitamente rappresentato in compagnia di serpenti. Il più delle volte ha occhi spalancati e grandi zanne come un giaguaro, come, ad esemprio, nel famoso vaso del XV secolo conservato nel Museo Nazionale di Antropologia a Città del Messico. Nella scultura, in particolare nella pietra, la bocca di Tláloc può avere la forma di una spirale o di una pannocchia di mais a simboleggiare l'importanza della pioggia del dio nell'agricoltura mesoamericana.

Info autore

Mark Cartwright
Mark è ricercatore, storico e scrittore. Formatosi in filosofia politica, si interessa di arte, architettura e di storia globale delle idee. È direttore editoriale della World History Encyclopedia.

Cita questo lavoro

Stile APA

Cartwright, M. (2013, agosto 21). Tláloc [Tlaloc]. (O. Carminati, Traduttore). World History Encyclopedia. Estratto da https://www.worldhistory.org/trans/it/1-12108/tlaloc/

Stile CHICAGO

Cartwright, Mark. "Tláloc." Tradotto da Omar Carminati. World History Encyclopedia. Modificato il agosto 21, 2013. https://www.worldhistory.org/trans/it/1-12108/tlaloc/.

Stile MLA

Cartwright, Mark. "Tláloc." Tradotto da Omar Carminati. World History Encyclopedia. World History Encyclopedia, 21 ago 2013. Web. 19 apr 2024.